Donne di scienza e d’azione nella lotta ai cambiamenti climatici: segnali di progresso, ma la strada è ancora lunga

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I dati mostrano che il ruolo delle donne è ancora circoscritto nella ricerca e nelle istituzioni internazionali per il clima. Si moltiplicano però le iniziative per rendere i processi decisionali più inclusivi e migliorare l’equilibrio di genere.

Un recente studio pubblicato su PNAS ha analizzato il tema ancora scarsamente esplorato delle differenze di genere tra gli autori dell’IPCC, il principale forum internazionale sulla scienza del clima che esamina periodicamente le informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo, coinvolgendo migliaia di ricercatori nella produzione dei Rapporti di Valutazione pubblicati a partire dal 1990 (il prossimo Rapporto di Valutazione sarà completato nel 2022).

Istituito nel 1988, l’IPCC celebra nel 2018 il suo trentennale con diversi appuntamenti, tra i quali l’incontro All4TheGreen – Mobilizing Climate Science organizzato con il supporto del CMCC a Bologna.

Dal primo Rapporto di Valutazione IPCC del 1990, in cui la rappresentanza femminile si attestava intorno al 2%, ci sono stati piccoli ma significativi progressi. Nel corso degli anni il numero delle autrici IPCC è cresciuto fino a raggiungere il 22% sul totale degli scienziati coinvolti nel quinto Rapporto di Valutazione del 2014.

Meno spiccati i progressi nell’equilibrio di genere nei ruoli apicali dell’IPCC (Chair o Vice-Chair dei tre Working Group). Secondo lo studio, solo tre donne hanno ricoperto incarichi esecutivi fino alle ultime elezioni per definire i gruppi di lavoro del sesto Rapporto di Valutazione. Attualmente, su un totale di 32 ruoli esecutivi, 8 sono ricoperti da donne.

Nel sondaggio che accompagna lo studio e che ha coinvolto 100 autrici IPCC, emerge un quadro variegato, in cui alcune donne descrivono la propria esperienza all’interno dell’IPCC come positiva, altre hanno riscontrato disparità di trattamento e nelle opportunità di contribuire alle pubblicazioni. Le barriere alla partecipazione identificate dal sondaggio però non si limitano alla differenza di genere ma comprendono differenze etniche, di nazionalità, o legate alla padronanza dell’inglese e al settore scientifico di competenza.

Anche nel mondo della politica climatica internazionale, la rappresentanza femminile fatica a emergere, anche se negli ultimi anni ci sono stati segnali positivi ed è cresciuta l’attenzione sul tema.

L’UNFCCC, il principale organo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, è a guida femminile per secondo mandato consecutivo (Patricia Espinosa, ex ambasciatrice e ministro degli affari esteri del Messico dal 2006 al 2012, ha preso il posto di Christiana Figueres nel 2016). Ciononostante, le donne sono ancora una minoranza nei processi decisionali della politica climatica internazionale.

Secondo i dati UNFCCC, dal 2008 al 2012 la media delle donne che hanno partecipato alle sessioni UNFCCC e alle conferenze annuali (COP) è circa il 31%. La percentuale media delle donne che hanno ricoperto il ruolo di capo delegazione nello stesso periodo è del 19%.
In anni più recenti, la partecipazione femminile è andata dal 29% durante la COP18 nel 2012 al 42% durante le sessioni degli organi sussidiari (Subsidiary Bodies) nel 2016 e 2017. La percentuale maggiore di donne a capo di delegazioni nazionali è stata registrata durante la COP22, con il 27%. In generale, le delegazioni che negli anni hanno visto il maggior numero di donne partecipanti alle sessioni UNFCCC sono quelle dell’area europea.

Se da una parte l’equilibrio di genere nell’azione e nella politica internazionale climatica  viene indicato come un obiettivo “necessario e desiderabile”, dall’altra la partecipazione femminile all’interno dell’UNFCCC ha visto pochi progressi o, a seconda dei casi, un trend negativo.

Per invertire questa tendenza, durante la COP23 del 2017 a Bonn è stato adottato il Gender Action Plan, con l’obiettivo di garantire alle donne pari opportunità di contribuire alle decisioni in materia di cambiamenti climatici e raggiungere l’equilibrio di genere in tutti gli aspetti delle attività UNFCCC, in modo da aumentarne l’efficacia.
Per la prima volta nella storia dell’UNFCCC, un piano d’azione condiviso stabilisce specifiche attività per raggiungere questi obiettivi, i soggetti incaricati di metterle in atto e l’orizzonte temporale entro cui svilupparle. Nel 2019, durante la COP25, verrà presentato il primo bilancio dei risultati, di cui è stato incaricato il Subsidiary Body for Implementation.

Iniziative per rafforzare il ruolo delle donne nella lotta ai cambiamenti climatici sono state avviate anche in altre sedi internazionali. A fine febbraio si è tenuta a Città del Messico la seconda conferenza annuale Women4Climate organizzata dalla rete C40, che coinvolge sindache, imprenditrici, innovatrici e attiviste da tutto il mondo in un programma di mentorship per sostenere giovani donne nel realizzare progetti sui temi della resilienza ai cambiamenti climatici, dello sviluppo a basse emissioni di carbonio e dell’inclusione sociale. L’obiettivo di Women4Climate è sostenere 500 giovani donne entro il 2020.

Per ulteriori informazioni, leggi la versione integrale dell’articolo Climate for women in climate science: Women scientists and the Intergovernmental Panel on Climate Change pubblicato sulla rivista PNAS.

Il technical paper delle Nazioni Unite “Achieving the goal of gender balance“.

Il Gender Action Plan, approvato nel 2017 a Bonn alla COP23.

 

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