Un fossile mi ha portata in Antartide

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Intervista di Selvaggia Santin.

Florence Colleoni si racconta, fra lunghe camminate riflessive, un’ironia quotidiana che la segue fin dalla tenera età, e il ghiaccio dell’Antartide.

Cosa fai al CMCC?
Sono ricercatrice e mi occupo di paleoclima e di modellistica e dinamiche delle calotte glaciali.

Quale strada ti ha portato al CMCC?
In Francia, ho studiato Scienze della Terra e ho conseguito il dottorato in modellistica delle glaciazioni passate all’IGE, istituto del Centro Nazionale delle Ricerche francese. Ho lavorato un anno in Svezia all’Università di Stoccolma.

È il lavoro che sognavi da bambina?
Sì, decisamente. Trovai un fossile nella sabbiera nel cortile dell’asilo: fu amore a prima vista. Ho coltivato questa passione fino ad arrivare al dottorato. Tanti anni di pazienza per arrivare a fare ciò che amo.

Ci racconti qual è stato il momento più bello della tua vita da ricercatore al CMCC?
Quando, grazie Programma Nazionale Ricerche in Antartide, mi si sono spalancate le porte verso il Polo! Avevo 30 anni quando vinsi due grossi progetti: un climate service per due società di trattamento di rifiuti nucleari, l’azienda svedese SKB e la finlandese POSIVA. Oltre a ciò, la straordinaria possibilità di partecipare alla XXXII spedizione in Antartide. È stato un momento importante per la mia carriera.

Cosa c’è sulla tua postazione di lavoro?
Lo scheletro di un dinosauro e le mie mappe topografiche dell’Antartide e dell’Artico.

Come vai al lavoro la mattina?
Adoro andare a lavoro a piedi: ci impiego 30-40 minuti e questo mi permette di avere tempo per riflettere e di vedere le situazioni in modo distaccato. Credo che sia proprio necessario per sviluppare la creatività.

Che cosa fai nel tuo tempo libero?
Mi piace cucinare. E adoro partire con il primo treno regionale che trovo in stazione. Ammetto che ho delle difficoltà con la lettura in questi ultimi anni: passo molto tempo a leggere in ufficio. Quando sono libera preferisco dedicarmi ad attività manuali come la cucina.

Dacci un titolo e spiegaci perché lo hai scelto
“Il più grande uomo scimmia del Pleistocene”, l’ho adorato. Una famiglia che sperimenta vari cambiamenti tecnologici attraverso le varie epoche e con i relativi aspetti psicologici. Tutto in tono sarcastico. In un certo senso rappresenta un po’ una parodia di noi scienziati.  Mette bene in luce la contrapposizione tra noi, innovatori, e i conservatori.  Mi piace molto l’auto-ironia. Il mio supervisore svedese mi disse che, in Svezia, gli scienziati sono considerati come degli artisti e quindi possono permettersi di essere un po’ pazzi e originali.

Guarda la photogallery di Florence sulla nostra pagina Facebook CmccClimate.

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