Così monitoriamo i gas serra in Europa: ICOS-RI raccontata dai protagonisti italiani

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I cambiamenti climatici sono una delle maggiori sfide che dovremo affrontare nei prossimi anni. Nel suo ultimo rapporto, l’IPCC ha ribadito come sia estremamente probabile che l’aumento di temperatura osservato a livello globale sia dovuto ai crescenti livelli di gas serra in atmosfera. Per comprendere i principali fattori responsabili dei cambiamenti climatici e valutare eventuali strategie di mitigazione, è indispensabile quindi poter disporre di misure precise e a lungo termine sulle emissioni in atmosfera, sulla loro evoluzione nel tempo, e sul ruolo dei diversi ecosistemi nel sequestrare stabilmente tali gas serra.
Nonostante l’ampia mole di dati e ricerche sull’argomento, spesso però i ricercatori devono scontrarsi con varie difficoltà, come dati incompleti e disomogenei, o di difficile accesso.

In questo scenario, la comunità scientifica italiana – prima e sola in Europa – ha istituito una Joint Research Unit (JRU), un accordo di collaborazione siglato di recente da quindici istituti, centri e università che si impegnano a sostenere e promuovere la partecipazione italiana in ICOS -RI (Integrated Carbon Observation System – Research Infrastructure), l’infrastruttura europea di ricerca distribuita che fornisce misure di alta qualità sul ciclo del carbonio, sulle emissioni di gas serra e sulla loro concentrazione atmosferica su scala europea, rendendole disponibili per il mondo della ricerca e per la società civile.

Hanno parlato di ICOS-RI alcuni dei suoi protagonisti, Giorgio Matteucci e Enzo Magliulo, Direttore e Primo Ricercatore, rispettivamente, all’Istituto per i sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISAFOM – CNR), che in una puntata interamente dedicata all’argomento del programma di Radio24 “L’altro pianeta” hanno presentato l’infrastruttura di ricerca europea, le sue attività e i principali obiettivi.
“ICOS-RI rappresenta un sistema osservativo per misure di precisione e a lungo termine (da qui ai prossimi vent’anni) dei flussi di gas serra dagli ecosistemi marini e terrestri, e una valutazione della loro concentrazione in atmosfera”, spiega il Dott. Matteucci. “Cosa fondamentale, tali misure si basano su protocolli standard definiti e condivisi a livello europeo, in modo che eventuali differenze nelle misure e nei dati raccolti nei diversi siti che costituisco questo network non siano imputabili alla metodologia utilizzata, ma ad altri fattori, come le diverse condizioni climatiche o le caratteristiche degli ecosistemi analizzati. Al momento, si è appena conclusa una prima fase di certificazione dei siti che costituiscono il sistema osservativo di ICOS-RI, per garantire che le stazioni di misura e osservazione della rete ICOS-RI rispondano a degli standard definiti dalla comunità scientifica internazionale.”

L’Italia gioca un ruolo di primo piano all’interno di ICOS-RI, non solo perché è stata la prima in Europa a portare avanti studi sul monitoraggio dei gas serra in atmosfera, sul bilancio del carbonio e sul ruolo degli ecosistemi, ma anche perché uno dei centri tematici di ricerca di ICOS-RI, l’Ecosystem Thematic Centre (ETC), è diretto da un centro di ricerca italiano, la Fondazione CMCC, in collaborazione con l’Università della Tuscia.
Il centro tematico per gli ecosistemi misura il contributo di gas serra degli ecosistemi terrestri, come ha illustrato il Dott. Enzo Magliulo descrivendo le attività realizzate presso il sito di Borgo Cioffi, in Campania, uno dei siti con cui la ricerca italiana partecipa al network di stazioni di osservazione e rilevamento di ICOS-RI. 
”In questo sito, un’azienda agricola rappresentativa delle tipiche attività economiche della zona di studio, quello che facciamo nell’ambito di ICOS-RI è raccogliere delle serie storiche in maniera continuativa, con cadenza quasi oraria, di un certo numero di variabili ambientali, come radiazione solare, direzione e intensità del vento, parametri di turbolenza atmosferica e ovviamente la concentrazione dei gas serra. Sono inoltre raccolte altre informazioni, come le caratteristiche del suolo e della vegetazione, la produzione agricola e le tecniche utilizzate, per avere un bilancio del carbonio più accurato e completo possibile. In questo modo si può valutare quanto un ecosistema agricolo stia contribuendo alla variazione del clima, e le eventuali potenzialità di mitigazione che potrebbe offrire”.

 

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