Mitigazione: un aiuto dagli ecosistemi terrestri

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Lo si ritrova soprattutto nelle foreste. Alcune attività umane, come l’agricoltura, ma anche alcuni pericoli naturali come alluvioni, frane e fenomeni di erosione, o ancora deforestazione, combustione di biomasse, inquinamento ambientale, possono alterare il suo bilancio. Il suo contenuto è in particolare influenzato dalla tipologia di suolo e dalla copertura e destinazione d’uso del suolo. Il suo potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici è notevole, sia in termini di riserve di carbonio che di riduzione delle emissioni. 
Stiamo parlando del carbonio organico nel suolo (soil organic carbon, o SOC), un fattore chiave in tempi di cambiamento climatico di cui è essenziale conoscere e monitorare esattamente le quantità: la perdita di carbonio dal suolo si aggiunge infatti all’aumento della concentrazione di anidride carbonica atmosferica, portando a un ulteriore innalzamento della temperatura globale, a sua volta responsabile di un’accelerazione della decomposizione del carbonio organico immagazzinato nel suolo.

Il rapporto Global Soil Organic Carbon Database (at 30 arcsec)
realizzato dalla FAO e dalla Fondazione CMCC nell’ambito del progetto GEOCARBON
fornisce un database per il carbonio organico del suolo a livello globale fra i più completi mai realizzati finora in studi di questo tipo. Obiettivo principale dello studio, individuare quelle aree e tipologie di suolo maggiormente indicate per progetti di riduzione delle emissioni attraverso il sequestro del carbonio nel suolo.

Il database nella sua ultima versione porta alla realizzazione di una mappa globale ad altissima risoluzione (di circa 1 km all’Equatore) del carbonio organico immagazzinato nel suolo. “Oltre alle mappe realizzate”, commenta Sergio Noce, ricercatore presso la Fondazione CMCC e fra i lead authors del rapporto insieme al ricercatore CMCC Tommaso Chiti (altri ricercatori CMCC che hanno collaborato alla realizzazione dello studio sono Monia Santini e Antonio Bombelli), “il database delle riserve di carbonio organico nel suolo è stato notevolmente incrementato rispetto alle sue versioni precedenti, con l’aggiunta in particolare di circa 8000 nuovi profili di suolo georeferenziati, rilievi puntuali in grado di fornire informazioni anche sul continente africano, per il quale in passato mancavano dati e campionamenti. Il database globale realizzato per questo studio contiene quasi 24000 profili di suolo georefenziati, forniti da molteplici fonti armonizzate fra loro, e per ciascuno di essi è indicata la quantità di SOC associata per i due strati di riferimento: superficiale (0-30 cm) e profondo (30-100 cm)”.

Scendendo nel dettaglio, S. Noce si è in particolare occupato di sviluppare le metodologie e gli approcci impiegati nello studio, vale a dire tutta la parte GIS di analisi spaziale utile a passare dall’enorme mole di dati puntuali di partenza a una mappa globale ad alta risoluzione.
Il database fornisce molte informazioni utili, come le caratteristiche chimico-fisiche del suolo, la quantità di SOC associata a ciascun profilo di suolo per le due profondità prese in esame dal rapporto (0-30 e 30-100 cm), informazioni sul tipo di vegetazione e di uso del suolo di ciascun profilo (come aree agricole, pascoli, foreste, vegetazione erbacea, suolo nudo, superfici artificiali etc).

Che cosa ci raccontano i risultati del rapporto? Che la maggior parte del carbonio organico del suolo si concentra nelle foreste, e in generale nei suoi strati più superficiali.
“Non è il primo database di questo tipo ad essere realizzato”, commenta Sergio Noce, “ma il valore aggiunto della nostra mappa globale è rappresentato dalla sua più alta risoluzione, in grado di coprire pressoché tutti i continenti e le tipologie di ecosistemi terrestri. Il lavoro si avvalso dell’utilizzo dei principali database disponibili e risulta ulteriormente arricchito dall’impiego di dati mai pubblicati finora, come quelli forniti dai database dell’Università della Tuscia e della FAO, relativi in particolare a campioni di suoli europei e africani.
L’armonizzazione di una gran mole di dati di partenza, realizzata da T. Chiti, e la realizzazione di mappe ad altissima risoluzione sono, in ultima analisi, i punti di forza maggiori del nostro lavoro”.

La disponibilità di mappe ad alta risoluzione fornirà in particolare utili indicazioni per la realizzazione di bilanci e valutazioni del carbonio, a scala globale e regionale, e un valido supporto ai decisori politici impegnati in attività di pianificazione e gestione del territorio.
“Il prossimo passo”, conclude S. Noce, “potrebbe essere l’applicazione di scenari di cambiamento climatico provando a ipotizzare quello che potrebbe accadere in futuro e cogliendo eventuali differenze rispetto alla situazione attuale”.

Per approfondire, leggi il rapporto completo.

Il sito ufficiale del progetto Geocarbon.

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