Clima e sicurezza: nuove prospettive per affrontare i cambiamenti climatici

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Le interazioni e le implicazioni che avvicinano due temi cruciali nella definizione delle politiche internazionali, come clima e sicurezza, sono al centro dell’intervento con cui Angela Liberatore, che alla Direzione Generale per la Ricerca della Commissione Europea è Deputy Head dell’Unità per la promozione della cooperazione scientifica internazionale nel vicinato europeo, in Africa e nel Golfo, ha aperto la prima conferenza annuale della Società Italiana per le Scienze del Clima.

Nella sua lecture “Climate Change and security: the Role of the European Union”, Liberatore ha parlato dei principi che hanno ispirato la politica dell’UE sui cambiamenti climatici e degli sforzi compiuti per portare avanti azioni multilaterali di protezione dagli impatti del clima, spiegando che cosa significa per l’Unione Europea considerare i cambiamenti climatici come una questione di pubblica sicurezza.
Nella gestione dell’incertezza la scienza ha delle responsabilità che non può più ignorare: la conoscenza scientifica, infatti, è sempre più importante non soltanto per la comunità scientifica, ma anche per i decisori politici che operano a livello nazionale e internazionale.

È facile vedere i cambiamenti climatici come una questione inerente la sicurezza: basta pensare ai conflitti sempre più frequenti per il possesso di risorse naturali in esaurimento (per esempio, a causa di variazioni del regime delle precipitazioni, scarsità d’acqua, perdita di suolo e cali della produttività agricola), alle contese nelle regioni di confine, alle migrazioni dovute agli sconvolgimenti ambientali (come desertificazione crescente, innalzamento del livello del mare, eventi estremi sempre più frequenti e devastanti), alla vulnerabilità delle infrastrutture, alla mancanza di cibo o allo scoppio di emergenze sanitarie in seguito a eventi estremi. I rischi rappresentati dai cambiamenti climatici sono reali, e i loro impatti sono già in atto e sotto gli occhi di tutti: solo per fare un paio di esempi, gli abitanti dell’arcipelago Carteret (Papua Nuova Guinea) sono diventati i primi rifugiati climatici, mentre in Medio Oriente è da anni aperto un contenzioso e vi sono spesso stati conflitti fra Siria, Libano, Israele, Giordania e Palestina per lo sfruttamento delle acque del fiume Giordano.

Dalla conferenza di Toronto del 1988, l’evento che portò il tema dei cambiamenti climatici all’attenzione della politica, o al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2007, quando per la prima volta gli impatti dei cambiamenti climatici furono associati ai temi della pace e della sicurezza, tanti passi in avanti sono stati fatti.
Attualmente l’agenda europea per la lotta ai cambiamenti climatici è dettata dal documento “Climate Change and International Security – a paper from the High Representative and the European Commission to the European Council” (2008).
Il tema del climate change è affrontato in Europa, ha spiegato Liberatore, “innanzitutto considerando il climate change un importante tema scientifico, supportando e sostenendo progetti come GMES (Global Monitoring for Environment and Security, di recente ribattezzato con il nuovo nome di Copernicus). Ma anche considerando i cambiamenti climatici un tema per la sicurezza, rilevante per l’economia e la politica, promuovendo dibattiti su human security, ideando strategie di prevenzione, mitigazione e adattamento o sollevando la tematica del clima nella politica internazionale”.
“Per vincere la sfida del clima”, ha quindi concluso, ” sarà necessario sviluppare competenze civili e militari, da utilizzare in caso di disastri naturali e situazioni di crisi dovute ai cambiamenti climatici. Deviare le politiche climatiche dal ‘binario civile’ è un modo per concepire risposte sbagliate al problema: i cambiamenti climatici non possono, infatti, essere affrontati solo da un punto di vista militare, occorre considerare anche le loro implicazioni economiche, politiche, ambientali e umanitarie. Ma forse sarà necessario coinvolgere ‘nuovi attori’, per esempio delle forze armate e dell’alta politica, per affrontare seriamente il problema in tutte le sue diverse sfaccettature”.

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