Se un nuovo linguaggio è necessario per spiegare le migrazioni contemporanee

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Il tradizionale linguaggio dell’immigrazione, le parole “migrante” e “rifugiato”, sono ormai inadeguate per spiegare la storia recente delle nuove diaspore. Così si esprime su Open Migration la sociologa Saskia Sassen, Robert S. Lynd Professor di Sociologia alla Columbia University e Centennial visiting Professor alla London School of Economics.
Cambiamenti climatici, desertificazione, scarsità d’acqua, innalzamento del livello del mare e degradazione dei suoli, unitamente a tutta una serie di altre condizioni sfavorevoli, come il fenomeno dell’accaparramento di terre (land grabbing) e l’inquinamento, sono attualmente le principali cause di perdita di habitat in tutto il mondo.
La guerra è senza dubbio una causa di esodi di massa, ma non è il solo fattore, e assistiamo a spostamenti di popolazioni anche in assenza di guerre. Per queste migrazioni contemporanee, i concetti e le politiche tradizionali per immigrati e rifugiati risultano inadeguate.
È necessario quindi ampliare ad altri contesti la protezione dei profughi, afferma la Sassen, sviluppando nuovi strumenti per comprendere e tutelare questi nuovi fenomeni globali di migrazione. La sociologa sottolinea in particolare come sia essenziale “la governance di tutta una serie di nuovi attori, causa di spostamenti di massa delle popolazioni dalle loro terre, che non sono normalmente presi in considerazione dai sistemi di aiuti umanitari […] le persone costrette a spostarsi per l’espansione delle miniere o per il fenomeno del land grabbing devono essere riconosciute come vittime, e occorre puntare il dito su imprese minerarie e su chi si appropria delle terre. Abbiamo bisogno di una più ampia mappa concettuale per definire chi o che cosa abbia causato i recenti fenomeni di migrazione forzata”.

Leggi l’articolo completo su Open Migration.

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