Antartide: i ghiacci, i cambiamenti climatici e quello che potrebbe accadere

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Il ghiaccio marino attorno all’Antartide ha continuato a crescere malgrado i cambiamenti climatici. Una tendenza del tutto opposta a quanto osservato nell’Artico: come riporta l’ultimo rapporto IPCC AR5, nel corso degli ultimi vent’anni l’estensione delle calotte glaciali in Groenlandia, dei ghiacciai e del ghiaccio marino artico hanno visto diminuire continuamente la propria estensione. A causa dei cambiamenti climatici, però, anche la calotta glaciale antartica potrebbe ridursi notevolmente nei prossimi anni, non per effetto dello scioglimento superficiale dei ghiacciai, come avviene per esempio in Groenlandia, ma per il sempre più frequente distacco di iceberg dalle sue estremità.  Il futuro della Groenlandia e dell’Antartide è inoltre minacciato da un altro fenomeno, solo di recente identificato: si tratta dello scioglimento basale delle calotte glaciali, un processo che potrebbe portare velocemente alla scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale e al rapido ritirarsi dei margini della Groenlandia. La scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale, in particolare, potrebbe portare a un aumento del livello del mare di circa sei metri.

Di Florence Colleoni* e Laura De Santis**

* Fondazione CMCC, Bologna
**OGS – Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, Trieste.

Nel corso degli ultimi dieci anni, i satelliti hanno registrato un’espansione della copertura del ghiaccio marino antartico, una tendenza opposta a quella osservata nel mar Glaciale Artico. Sono state date varie spiegazioni al fenomeno, chiamando in causa diversi processi e meccanismi, fra cui l’intensificarsi dei venti occidentali per un’anomala persistenza della fase positiva della SAM (Southern Annular Mode), la cintura di venti occidentali che determina un raffreddamento dell’Antartide, favorendo quindi la formazione del ghiaccio marino [1]; un feedback negativo ghiaccio marino/oceano con una riduzione della capacità delle masse oceaniche di sciogliere il ghiaccio marino [2]; lo scioglimento delle piattaforme glaciali Antartiche per effetto dell’intrusione di calde acque profonde circumpolari [3]. Le acque dolci provenienti dallo scioglimento delle piattaforme glaciali si mescolano alle acque ad alta salinità che si formano nelle polynyas (aree di mare aperto circondate da ghiaccio marino) e sotto la banchisa (High Salinity Shelf Water),  penetrano nelle cavità alla base delle piattaforme e delle lingue di ghiaccio e vanno a formare le acque della piattaforma continentale (Ice Shelf Water, si veda figura 1). Queste acque risalgono verso la superficie e a causa della loro bassa salinità e temperatura, in parte ricongelano al di sotto del ghiaccio marino, contribuendo all’espansione della sua copertura attorno all’Antartide. In parte le Ice Shelf Water contribuiscono anche alla formazione delle acque antartiche profonde.
Questo processo si osserva anche nei fiordi attorno alla Groenlandia, dove i ghiacciai che terminano in prossimità del mare sono soggetti a scioglimento per l’ interazione con le acque oceaniche [4].
Fino a poco tempo fa sapevamo ben poco dei processi fisici che si svolgono all’interfaccia ghiaccio – oceano, e solo poche osservazioni sono disponibili per stabilire l’entità dello scioglimento basale che si verifica al di sotto delle piattaforme glaciali e dei ghiacciai marini.

Credits: Florence Colleoni & Laura De Santis

Credits: Florence Colleoni & Laura De Santis

Figura 1: Interazioni tra piattaforma di ghiaccio e oceano dentro le cavità. L’accumulo dei strati sedimentari formando il margine continentale e risultando  della dinamica della calotta polare è stato disegnato. AABW: acqua profonda antartica (Antarctica Bottom Water; acque fredde e dense); CDW: acqua profonda circumpolare (Circumpolar Deep Water; acque calde).

Perché interessarsi a questi processi climatici? 

L’attuale scioglimento della criosfera, in particolare lo scioglimento dei ghiacciai di montagna e delle calotte polari contribuisce ai cambiamenti del livello del mare, ma anche a variazioni del clima a livello regionale, per effetto dell’aumento dell’albedo, e a variazioni nella topografia. Fare una stima delle future variazioni del livello del mare è diventato d’importanza cruciale per la valutazione degli impatti socio-economici dei cambiamenti climatici [5]. Molte popolazioni che vivono in aree costiere al di sotto del livello del mare sono infatti direttamente minacciate da queste variazioni. In alcune aree, la variazione del livello del mare può innescare migrazioni climatiche, come sta accadendo per esempio nelle piccole isole del Pacifico, che già risentono degli effetti dell’innalzamento del livello del mare registrato nel Pacifico occidentale [6],[7].

Nel 2007, il Rapporto IPCC AR4 [8] ha evidenziato il divario da colmare tra le osservazioni satellitari e le stime dei singoli contributi al cambiamento del livello del mare nel corso degli ultimi decenni (figura 2). Mentre i dati satellitari indicano un innalzamento globale medio del mare di circa 3.1 ± 0.8 mm/anno per il periodo 1993-2003 (e di 1.8 ± 0.5 mm/anno per il periodo 1969-2003), la somma delle stime individuali dei diversi contributi al livello del mare dà un valore pari a 2.8 ± 0.7 mm/anno per il periodo 1993-2003 (e di 1.1 ± 0.5 mm/anno per il periodo 1969-2003). Sono state investite numerose risorse per la ricerca ai poli per definire con maggiore precisione il contributo di Groenlandia e Antartide e colmare quindi tale divergenza nei dati.

Nell’ultimo rapporto IPCC, AR5 [9], queste stime sono migliorate, e i dati attualmente disponibili indicano un contributo di 0.33 ± 0.08 mm/anno per la calotta glaciale della Groenlandia, per il periodo 1993-2010, e un contributo di 0.27 ± 0.11 mm/anno per l’Antartide. Tuttavia, il divario tra le osservazioni satellitari e il valore dato dalla somma dei singoli contributi individuali rimane, e si attesta attorno a 0.4 ± 0.8 mm/anno.

L’espansione del ghiaccio marino nell’Oceano Antartico, indotto dallo scioglimento delle piattaforme di ghiaccio antartiche, non viene esattamente quantificato in AR5. Questo processo, che i satelliti hanno iniziato solo di recente a registrare, è la prova diretta che l’Antartide stia contribuendo in maniera significativa agli attuali cambiamenti del livello del mare (mentre ancora in AR4 questo contributo era considerato nullo). La calotta glaciale antartica non perde la sua massa (o se lo fa, solo in quantità minima) per effetto dello scioglimento superficiale, come accade in Groenlandia, ma per il distacco di iceberg dal fronte dei ghiacciai che terminano in mare o dal fronte delle piattaforme di ghiaccio. Sulla base di un numero sempre maggiore di osservazioni, lo scioglimento in atto, che si verifica nelle cavità al di sotto delle piattaforme di ghiaccio è considerato un’ulteriore minaccia all’evoluzione futura della Groenlandia e dell’Antartide [10].

Credits: Florence Colleoni & Laura De Santis

Credits: Florence Colleoni & Laura De Santis

Figura 2: I contributi individuali alla variazione media globale del livello del mare: un confronto fra le stime dei due rapporti IPCC, AR4 e AR5.

 

 

 

Perché è fondamentale studiare lo scioglimento basale delle calotte glaciali, causato dagli oceani?
I modelli numerici mostrano che questo processo potrebbe causare la rapida scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale (WAIS – West Antarctic Ice Sheet), la cui base si trova al di sotto del livello del mare, e il rapido ritirarsi dei margini della calotta Groenlandese. Nel caso dell’Antartide, se la topografia sotto la piattaforma di ghiaccio avesse una pendenza rivolta verso l’interno (come la piattaforma continentale, più erosa nelle zone più interne), e non verso l’oceano, il collasso potrebbe essere ancora più rapido (si veda fig. 2). Questo fenomeno è stato definito instabilità della calotta di ghiaccio marino (marine ice sheet instability). Come attestano i record fossili dei sedimenti marini raccolti nel mare di Ross (Antartide occidentale, settore Pacifico), il collasso della calotta glaciale antartica occidentale si è già verificato frequentemente negli ultimi 5 milioni di anni [11],[12]. 

Tuttavia, le cause di tali frequenti collassi e crolli sono ancora poco chiare. È attualmente oggetto d’indagine che ruolo ha avuto il riscaldamento degli oceani rispetto a quello dell’aria, durante periodi passati in cui il clima era più caldo di quello attuale.
Questo aspetto è particolarmente importante dal momento che si prevede un aumento delle temperature globali di aria e oceani nei prossimi decenni. La completa disintegrazione e scomparsa della calotta glaciale antartica occidentale potrebbe portare a un aumento medio del livello del mare di circa 6 metri, pari al volume della calotta glaciale della Groenlandia.

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La comunità scientifica italiana per la ricerca ai poli ha discusso alcuni dei temi più importanti e attuali della ricerca nel corso del workshop “Ocean – Ice interactions workshop – bridging observations and models” , organizzato dalla Fondazione CMCC lo scorso 17-18 ottobre 2016 a Bologna.
Sono intervenuti all’evento i ricercatori di vari istituti, centri di ricerca e università italiane (oltre al CMCC, OGS, INGV, CNR, ENEA e le Università di Trieste, Venezia, Napoli e Urbino), che si sono riuniti per discutere lo stato dell’arte sulle conoscenze della comunità scientifica italiana per la ricerca ai poli, acquisite nel corso degli ultimi decenni, con un focus particolare sulle interazioni tra calotte glaciali e oceano. Scopo principale della conferenza, combinare i modelli numerici sviluppati da alcuni degli istituti e dei centri di ricerca partecipanti all’evento, con le numerose osservazioni raccolte nelle regioni polari nel corso di 3 decenni dalla comunità scientifica italiana. Si è quindi cercato, in ultima analisi, di proporre una strategia condivisa per ricostruire il clima del passato e del futuro delle aree polari, tenendo in considerazione le interazioni ghiaccio – oceano, le dinamiche del sistema climatico e del ghiaccio, il fenomeno geologico dell’isostasia e l’evoluzione dei margini continentali.

Il workshop organizzato dal CMCC segue la conferenza nazionale sulla ricerca in Antartide, che si è svolta il 20-21 ottobre 2015 a Roma (maggiori informazioni sono disponibili qui).

Ulteriori informazioni sulle presentazioni e gli interventi che si sono susseguiti nel corso del workshop, o sui partecipanti, sono disponibili qui.

Bibliografia:

1. Goosse, H., Lefebvre, W., de Montety, A., Crespin, E., & Orsi, A. H. (2009). Consistent past half-century trends in the atmosphere, the sea ice and the ocean at high southern latitudes. Climate Dynamics, 33(7-8), 999-1016.

2. Zhang, J. (2007). Increasing Antarctic sea ice under warming atmospheric and oceanic conditions. Journal of Climate, 20(11), 2515-2529.

3. Bintanja, R., Van Oldenborgh, G. J., Drijfhout, S. S., Wouters, B., & Katsman, C. A. (2013). Important role for ocean warming and increased ice-shelf melt in Antarctic sea-ice expansion. Nature Geoscience, 6(5), 376-379.

4. Straneo, F., & Heimbach, P. (2013). North Atlantic warming and the retreat of Greenland’s outlet glaciers. Nature, 504(7478), 36-43.

5. Lenton, T. M., Held, H., Kriegler, E., Hall, J. W., Lucht, W., Rahmstorf, S., & Schellnhuber, H. J. (2008). Tipping elements in the Earth’s climate system. Proceedings of the national Academy of Sciences, 105(6), 1786-1793.

6. Mimura, N. (1999). Vulnerability of island countries in the South Pacific to sea level rise and climate change. Climate research, 12(2-3), 137-143.

7. Mortreux, C., & Barnett, J. (2009). Climate change, migration and adaptation in Funafuti, Tuvalu. Global Environmental Change, 19(1), 105-112.

8. Solomon, S., Qin, D., Manning, M., Chen, Z., Marquis, M., Averyt, K. B., … & Miller, H. L. (2007). IPCC fourth assessment report (AR4). Retrieved, 4(13), 2011.

9. Stocker, T. F., Qin, D., Plattner, G. K., Tignor, M., Allen, S. K., Boschung, J., … & Midgley, P. M. (2013). Climate change 2013: the physical science basis. Intergovernmental panel on climate change, working group I Contribution to the IPCC fifth assessment report (AR5). New York.

10. Rignot, E., Jacobs, S., Mouginot, J., & Scheuchl, B. (2013). Ice-shelf melting around Antarctica. Science, 341(6143), 266-270.

11. Naish, T., Powell, R., Levy, R., Wilson, G., Scherer, R., Talarico, F., … & Carter, L. (2009). Obliquity-paced Pliocene West Antarctic ice sheet oscillations. Nature, 458(7236), 322-328.

12. Pollard, D., & DeConto, R. M. (2009). Modelling West Antarctic ice sheet growth and collapse through the past five million years. Nature, 458(7236), 329-332.

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