COP17: finanza del clima tra le innovazioni più attese

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Per evitare di finire su un binario morto, i negoziatori a Durban hanno tempo fino al 9 dicembre per raggiungere tre obiettivi: la definitiva approvazione del Green Climate Fund, la diffusione di tecnologie verdi nei paesi in via di sviluppo, un secondo accordo globale di 5 anni. Ma mentre l’Europa è alla ricerca di un nuovo accordo legalmente vincolante in grado di portare avanti gli obiettivi del protocollo di Kyoto, i paesi in via di sviluppo e gli Stati Uniti preferirebbero un patto “a maglie larghe”, del tipo già approvato a Cancun.
Le aspettative per la COP17 di Durban restano basse, ma un significativo passo in avanti potrebbe essere fatto nel mondo della finanza. Due gli obiettivi da raggiungere dalla finanza del clima: sistemi di pagamento basati sui risultati ottenuti, e fondi “perpetui”. Senza finanziamenti più abbondanti e meno onerosi, i paesi poveri non saranno mai in grado di sostenere progetti per il clima, né di svilupparsi in maniera pulita e sostenibile.
I paesi più poveri del pianeta e gli stati delle piccole isole premono affinché un nuovo accordo globale sul clima venga raggiunto al più presto. Molte di queste nazioni sono già esposte agli effetti del climate change, come siccità e allagamenti.
“Non esiste un piano B, come non esiste un pianeta B”. Christina Figueres, a capo dell’UN Framework Convention on Climate Change, spiega in un discorso appassionato perché un fallimento nel raggiungere un accordo a Durban non può essere considerata un’eventualità accettabile. È in gioco il futuro della stessa umanità.
Fermare il conto alla rovescia per il protocollo di Kyoto e continuare i negoziati fino al raggiungimento di un nuovo accordo: è quello che propone il ministro laburista John Prescott, intervistato dalla giornalista del Guardian Fiona Harvey.
Attivisti provenienti da tutto il mondo hanno chiesto a gran voce che la Banca Mondiale si tenga alla larga dalla finanza del clima. Si chiama Occupy COP17 il movimento di ribellione degli indignados sudafricani, che è sceso in piazza per chiedere una “giustizia climatica” e pretendere che i paesi industrializzati paghino il loro debito al clima. Dopo l’assemblea generale non violenta di ieri, oggi ha organizzato una marcia nel giorno del “Global Day Action”.
La geoingegneria applicata al clima è un campo promettente e necessita di ulteriori studi, ha dichiarato la Solar Radiation Management Governance Initiative, istituita nel 2010 da due istituzioni scientifiche (Royal Society, e Twas) e una ong americana, l’Environmental Defence Fund. Diverse tecniche, dall’utilizzo di oggetti in orbita per riflettere l’energia solare a aerosol stratosferico liberato negli strati più alti dell’atmosfera, sono state proposte per contrastare il climate change.

 

Immagine presa dall’album Flickr di brunosan

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