Dal rischio climatico allo sviluppo: pianificazione politica, supporto scientifico e partecipazione. Alcune proposte

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di Sergio Castellari
Focal Point Nazionale dell’IPCC (intergovernmental Panel on Climate Change), Coordinatore dell’EU Topic Centre on Climate Change Impacts Vulnerability and Adaptation (ETC/CCA) dell’Agenzia Ambientale Europea, Responsabile Unità “Relazioni istituzionali e politiche di adattamento”, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) 

I fatti
Parma 13 ottobre 2014, Genova 9 ottobre 2014, Catania 21 febbraio 2013, Cinque Terre 25 Ottobre 2011, Genova 4 Novembre 2011 sono solo alcuni esempi di eventi meteorologici estremi che hanno provocato inondazioni, allagamenti, morti, feriti, danni di ogni genere. Sono storie che si ripetono, e molto più frequentemente rispetto al passato. I cambiamenti climatici che si manifestano rapidamente in questi ultimi decenni possono creare condizioni peggiori. Negli ultimi anni, l’Italia è stata sempre più spesso e sempre più pesantemente colpita da fenomeni meteo-climatici estremi di breve durata e forte intensità, che hanno prodotto danni gravissimi. L’impatto di questi eventi è enorme: molte decine di morti dal 2010 ad oggi ed un numero incalcolabile di danni economici.

Il rischio climatico, come ben spiegato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel volume Working Group II del Quinto Rapporto di Valutazione è il prodotto complesso dell’interazione tra la vulnerabilità (livello a cui un sistema umano o naturale è propenso predisposto a subire impatti negativi dei cambiamenti climatici), l’esposizione (presenza di persone, ecosistemi, servizi, infrastrutture, attività socio-economiche e culturali, che possono essere esposti agli impatti negativi dei cambiamenti climatici) del territorio agli impatti climatici e i pericoli provocati dal clima e dai cambiamenti climatici (eventi estremi e trend nel tempo).

I recenti eventi meteorologici avversi richiamano l’attenzione sulla gestione del rischio idrogeologico in Italia, ma nel contesto di un clima che sta mutando. Ne consegue che la questione della gestione del nostro territorio deve essere inserita in un contesto nuovo per le nostre istituzioni politiche, nell’ambito dell’adattamento ai cambiamenti climatici.

Adattamento ai cambiamenti climatici significa ridurre il rischio e i danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) dei cambiamenti climatici in maniera efficace dal punto di vista socio-economico e sfruttare i potenziali benefici della situazione. Prevenire gli impatti significa ridurre l’ammontare dei danni e dei costi dei futuri ed eventuali disastri. L’adattamento si realizza attraverso l’elaborazione di strategie nazionali, regionali e locali da attuarsi mediante piani di azione.

 Cosa fa l’Europa?
L’Europa negli ultimi anni ha fatto grandi passi nel campo dell’adattamento dei cambiamenti climatici. Nel marzo 2011 la Commissione Europea ha reso disponibile la Piattaforma europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate-ADAPT), ove gli utenti possono trovare informazioni tecnico-scientifiche in merito agli impatti, vulnerabilità ai cambiamenti climatici in Europa, riguardo a strategie e piani attuati in città, regioni e paesi europei, riguardo a casi studio e un utile strumento per pianificare una strategia e poi un piano di adattamento. Questa piattaforma è gestita e mantenuta dalla European Environment Agency (EEA), con la collaborazione dell’European Topic Center on climate change impacts, Vulnerability and Adaptation (ETC-CCA), sotto il coordinamento del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).

Nell’aprile 2013 la Commissione Europea ha adottato la Strategia Europea di Adattamento ai Cambiamenti Climatici per rafforzare il livello di preparazione e la capacità di reazione agli impatti dei cambiamenti climatici a livello locale, regionale, nazionale e dell’Unione Europea. L’integrazione dell’adattamento in tutte le politiche settoriali dell’Unione Europea è considerata un’azione prioritaria per permettere sinergie e diminuire i costi. Tre sono gli obiettivi di questa strategia europea:

1. Promuovere l’azione degli Stati membri, in particolare esortandoli ad adottare strategie e piani di adattamento nazionali e regionali, mettendo loro a disposizione fondi e.g. attraverso il Programma LIFE 2014-2020) e promovendo impegni su base volontaria per l’adattamento urbano sul modello del Patto dei sindaci (Mayors Adapt).

2. Aumentare le conoscenze disponibili, colmando le lacune e rendendo più accessibili le informazioni raccolte, in particolare attraverso un rafforzamento della Piattaforma Climate-ADAPT.

3. Integrare le misure di adattamento nelle altre politiche e azioni dell’UE, affinché esse possano essere “climate proofing”, in particolare nei settori dell’agricoltura, della pesca e della politica di coesione, facendo sì che l’Europa possa disporre di infrastrutture più resilienti e che si pervenga ad un più ampio ricorso alle assicurazioni per la tutela contro le catastrofi naturali e di origine antropica.

Inoltre, anche la strategia europea per la crescita economica “Europa 2020” e la “EU 2050 Road Map” verso un’economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 considerano fondamentale il potenziamento della ricerca sulle tecnologie e pratiche di adattamento dei cambiamenti climatici, al fine di garantire un aumento dell’efficienza nell’uso delle risorse.

Sicuramente l’adattamento implica impegni finanziari onerosi, ma la Strategia Europea di Adattamento ha stimato che il costo minimo del mancato adattamento (“il non agire”) per l’UE potrebbe raggiungere i 100 miliardi di euro nel 2020 e i 250 miliardi di euro nel 2050. Le perdite economiche dirette nell’UE nel periodo 1980-2011 derivanti da alluvioni hanno superato i 90 miliardi di euro. Secondo gli ultimi studi, questo dato è indubbiamente in crescita: il costo annuo dei danni da alluvione fluviale potrebbe raggiungere i 20 miliardi di euro nel decennio 2020-2030 ed i 46 miliardi di euro entro il decennio 2050-2060 (Rojas et al., 2013).

Ad oggi 21 Paesi europei (18 Stati membri dell’UE) si sono dotati di una Strategia Nazionale di Adattamento (SNA) ai cambiamenti climatici. Una strategia di adattamento deve fornire una visione strategica nazionale su come affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici e rappresentare un quadro di riferimento per l’adattamento per le Regioni e le municipalità fornendo obiettivi, principi ed un set di azioni settoriali ed intersettoriali di adattamento (settori come risorse idriche, agricoltura, salute, trasporti, energia, ecc.).

È utile evidenziare che la Strategia Europea di Adattamento ha annunciato che entro il 2014 la Commissione Europea metterà a punto un quadro comparativo sulla capacità di adattamento (adaptation preparedness scoreboard) individuando indicatori chiave per misurare il grado di preparazione degli Stati membri.

Inoltre, nel 2013 è stato adottato un Regolamento sul Meccanismo per il Monitoraggio e Reporting (MRR) riguardo le informazioni relative ai cambiamenti climatici (Regulation No 525/2013 of the European Parliament and of the Council of 21 May 2013 on a mechanism for monitoring and reporting greenhouse gas emissions and for reporting other information at national and Union level relevant to climate change and repealing), che prescrive agli Stati membri dell’UE di adempiere agli obblighi di monitoraggio ed informazione nei confronti della Commissione Europea in ordine alle attività ed azioni poste in essere in materia di adattamento (strategie e piani). Il primo rapporto dovrà essere consegnato alla Commissione Europea dagli Stati membri dell’UE entro il 15 marzo 2015 ed, in seguito, ogni 4 anni (1 gennaio 2018, 1 gennaio 2022, ecc).

Infine, nel 2017, sulla base del quadro comparativo sulla capacità di adattamento e del rapporto MRR, la Commissione Europea dovrà valutare se le azioni di adattamento intraprese dagli Stati membri possano considerarsi sufficienti; se, invece, le riterrà insufficienti, dovrà impegnarsi a considerare immediatamente l’opportunità di procedere all’adozione di uno strumento giuridicamente vincolante (una direttiva europea su adattamento ai cambiamenti climatici).

Cosa fa l’Italia?
Il nostro Paese nel luglio 2014 ha concluso l’elaborazione di una Strategia Nazionale di Adattamento, che ha ricevuto parere positivo dalla Conferenza Unificata Stato Regioni il 30 ottobre 2014. La documentazione tecnico-scientifica-giuridica alla base di questa strategia è stata elaborata in un progetto nazionale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) coordinato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Il processo ha visto la creazione di un Tavolo Tecnico, composto da circa cento esperti della comunità scientifica, che ha provveduto ad elaborare i tre rapporti alla base della Strategia:

1. un rapporto tecnico-scientifico che contiene un’analisi delle vulnerabilità ai cambiamenti climatici di molti settori del nostro paese;

2. un rapporto tecnico-giuridico che contiene una analisi della Strategia Europea di Adattamento, delle SNA già adottate e dell’acquis communautaire e sua attuazione in Italia

3. un documento strategico, che fornisce la visione strategica nazionale, i principi e le proposte di azioni di adattamento settoriale e intersettoriale.

In aggiunta al Tavolo Tecnico, il MATTM ha istituito un Tavolo Istituzionale, composto dai rappresentanti dei Ministeri e di altre istituzioni rilevanti (come Protezione Civile, ANCI ecc.), che ha fornito contributi al processo, contribuendo all’elaborazione dei tre rapporti. I portatori d’interesse sono stati coinvolti in questo processo fin dall’inizio, mediante un sondaggio realizzato tramite un questionario, una consultazione on-line del documento strategico e varie consultazioni in forma di incontri ad hoc.

Un grande passo in avanti nella gestione e prevenzione del rischio idrogeologico in Italia è stato fatto dall’attuale Governo con la creazione della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche sotto la Presidenza del Consiglio. Questa Struttura deve coordinare tutte le varie strutture dello Stato (Ministeri, Protezione civile, Regioni, Enti locali, Consorzi di bonifica, Provveditorati alle opere pubbliche, Genio Civile ed enti e soggetti locali) per trasformare in cantieri i 2,4 miliardi di euro e oltre non spesi dal 1998, al fine di pervenire ad una riduzione degli stati di emergenza territoriali. Inoltre questa Struttura dove utilizzare le risorse finanziarie (1.6 miliardi di euro) stanziate nel 2012 per opere urgenti di fognature e depuratori nelle Regioni del Sud da realizzarsi entro il 2015. Tuttavia, questa Struttura non ha il compito di affrontare tutta la problematica degli impatti dei cambiamenti climatici, che consiste in concreto nella gestione, ad esempio delle ondate di calore (che non fanno parte del dissesto idrogeologico) e degli ulteriori impatti connessi ad  altri settori chiave del nostro Paese (e.g. le risorse idriche, l’agricoltura, le foreste, la pesca, l’energia, il turismo, ecc.).

Al fine di far fronte a tali impatti, è necessario elaborare al più presto strategie e piani di adattamento regionali e locali. Questo tipo di approccio non è ancora stato assimilato dalle nostre istituzioni regionali e locali. Ad oggi, solo la Lombardia sta portando a termine l’elaborazione di una Strategia Regionale di Adattamento ben allineata con la Strategia Nazionale e poche città, come Bologna e Ancona, sono ad uno stadio avanzato per attuare un Piano Locale di Adattamento.

La Strategia nazionale ha evidenziato i seguenti elementi fondamentali, necessari per avviare strategie e piani di adattamento:

1. Istituire fin dall’inizio un largo processo partecipativo con condivisione di tutti i documenti nelle varie fasi del lavoro

2. Considerare un mix di varie opzioni (misure, strategie e politiche) per l’adattamento settoriale ed intersettoriale.

3. Pianificare secondo differenti orizzonti temporali: 2020 – 2030 – 2050

4. Legare le misure a corto termine con le opzioni a lungo termine.

In questi ultimi due punti risiede la differenza tra il concetto di adattamento ed il concetto generale di gestione di un rischio nel territorio. Adattamento significa pianificare e agire in maniera flessibile nel presente, pur mantenendo una visione su obiettivi a medio e lungo termine che possano essere aggiornati tenendo conto del progresso scientifico, ad esempio, nel campo della modellistica climatica e della gestione delle relative incertezze al fine di stimare possibili futuri climatici per il nostro Paese che implicano diversi futuri socio-economici.

La flessibilità è un elemento importante nelle politiche di adattamento e può essere ottenuto mediante un approccio moderno che faccia uso di percorsi di adattamento (adaptation pathways), di supporto ai decisori politici, basati sulla conoscenza scientifica fornita, ad esempio, dalle propiezioni climatiche e socio-economiche. Questo approccio è iterativo e porta a creare dei piani flessibili e dinamici con una visione strategica del futuro, che si “adattano” nel tempo tenendo conto di mutate condizioni climatiche (non previste dagli scenari climatici). Questo permette una più efficace gestione dei costi di una determinata misura di adattamento nel corso del tempo, evitando di dover modificare completamente una misura già realizzata. Infatti, nel caso di misure di adattamento grigie (misure strutturali nel territorio), le eventuali “correzioni” a lavoro già completato possono portare a costi molto alti per il territorio.

Alcune riflessioni
Vorrei concludere le mie osservazioni con le seguenti proposte, che ritengo necessarie per rendere il nostro Paese resiliente ai futuri impatti dei cambiamenti climatici:

1. Realizzare una Struttura di missione per l’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici presso la Presidenza del Consiglio per il supporto alle iniziative di adattamento regionali e locali: questa Struttura dovrà allineare le strategie e piani regionali e locali alla Strategia Nazionale e condurre il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia delle azioni attuate.

2. Istituire a breve un Servizio Meteo-Climatico Nazionale allineato agli standard europei, che sfrutti tutte le competenze e le infrastrutture tecniche presenti per un monitoraggio ed una previsione efficace degli estremi meteo-climatici in un contesto anche di adattamento.

3. Attuare un Piano di Azione Nazionale di Adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, che fornisca il supporto ai piani regionali e locali.

Infine, mi preme esortare un impegno istituzionale a trasformare il rischio dei cambiamenti climatici, attuali e futuri, in una piattaforma di azioni per lo sviluppo sostenibile della nostra società in quanto l’azione di adattamento è portatrice di innovazione e sviluppo in molti settori chiave per l’economia del nostro Paese.

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