Politiche climatiche: come integrarle nella politica di oggi?

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Se i recenti accordi internazionali hanno mostrato in tutto il mondo la volontà politica di affrontare i cambiamenti climatici, le promesse delle nazioni spesso non si sono ancora trasformate in progetti e piani d’azione concreti. Le Carbon Tax (tasse sul carbonio), per esempio, sono considerate dagli economisti come uno degli strumenti più efficaci per “assorbire” l’impatto sociale delle emissioni di carbonio, e tuttavia la loro implementazione è ancora molto lenta: nel 2017, solo 20 Paesi avevano approvato una qualche forma di carbon tax.

Quali sono gli ostacoli che ancora impediscono la loro piena realizzazione? E in che modo i governi possono migliorare i propri progetti politici? Abbiamo selezionato tre spunti di riflessione dallo studio: Green Taxes in a Post-Paris World: Are Millions of Nays Inevitable?

  • Piccoli passi piuttosto che Grandi sogni
    L’avversione dei cittadini per le aliquote alte delle carbon tax  è dimostrata dai numerosi esempi di progetti rifiutati; il 92% degli elettori svizzeri per esempio ha votato contro il progetto dei Verdi liberali per introdurre una tassa sull’energia, che avrebbe triplicato il prezzo del gas, per sostituire l’attuale imposta sul valore aggiunto.
    Ma oltre alla diretta correlazione negativa tra aliquote fiscali e i sì, un approccio incrementale è anche giustificato dal fatto che l’avversione delle persone spesso diminuisce dopo aver sperimentato tali politiche e realizzato che i costi sono più bassi del previsto, mentre i benefici per la società sono molteplici. I governi dovrebbero pertanto introdurre gradualmente le carbon tax, e perfino fare ricorso a periodi di prova per ottenere l’approvazione dei cittadini.
  • Costruire la fiducia
    Uno dei principali argomenti contro le carbon tax è che i governi le utilizzano come un mezzo clandestino per aumentare le proprie entrate. Destinare i proventi delle tasse al finanziamento di specifici progetti ambientali è un modo per costruire la fiducia: molti studi mostrano infatti come gli elettori spesso preferirebbero vedere i soldi delle tasse usati per affrontare i cambiamenti climatici piuttosto che essere compensati con dei tagli delle tasse. Ciononostante, uno dei principali risultati dello studio di Carattini è che se ai cittadini sono fornite abbastanza prove dell’efficienza delle carbon tax nel mitigare i cambiamenti climatici, non c’è bisogno di far veder loro le entrate destinate ai progetti di mitigazione.
  • Far emergere i benefici sociali.
    Anziché destinare il denaro a progetti in difesa dell’ambiente, i governi possono pensare di ridistribuire i proventi delle tasse fra i propri contribuenti. Nel far ciò, devono sempre avere in mente che il concetto di “Neutralità delle entrate”, un concetto che consente ai governi di usare le entrate fiscali di una nuova tassa per ridurne un’altra, mantenendo in tal modo le entrate costanti, non è ancora del tutto ben compreso dall’opinione pubblica (e questo è anche il motivo per cui gli elettori svizzeri votarono no al progetto per l’introduzione di una carbon tax, che avrebbe dovuto sostituire l’imposta sul valore aggiunto). Anziché tagliare le tasse, i cittadini preferiscono trasferimenti diretti pro-capite o ammortizzatori sociali per le famiglie a basso reddito, perché percepiscono i benefici più facilmente rispetto alla diminuzione di una qualche imposta. Per rendere i vantaggi ancor più manifesti, la tassa dovrebbe essere etichettata come “Carbon Tax & Bonus”: ciascuna famiglia potrebbe ricevere un assegno annuale, un dividendo come quello molto popolare dell’ Alaska Permanent Fund.

Leggi la versione integrale dell’articolo di Carattini: Green Taxes in a Post-Paris World: Are Millions of Nays Inevitable?
Leggi il rapporto: How to make carbon taxes more acceptable.

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