
Dal suo blog Dot Earth sul New York Times, Andrew Revkin guarda con ottimismo al nuovo accordo raggiunto, giudicando positivamente l’evoluzione dei negoziati sul clima: dal suo punto di vista, la diplomazia “soft”, il nuovo sistema per ottenere l’impegno ad agire da parte delle nazioni e dopo Lima rappresentato dagli “Intended Nationally Determined Contributions” (INDCs), potrebbe non necessariamente essere qualcosa di dannoso. A sostegno della sua tesi, riporta le opinioni di esperti e studiosi, come quella di Robert Stavins, economista ambientale della Harvard University. Quest’ultimo in particolare scrive:
«[…] il nuovo accordo sul clima si muove nella direzione in cui tutte le nazioni contribuiranno alla riduzione delle emissioni dei gas serra […] e decisioni prese a Lima rappresentano un significativo discostarsi dagli ultimi 20 anni di politica climatica internazionale che – a partire dal Mandato di Berlino del 1995 e dal Protocollo di Kyoto del 1997 – ha sempre interessato solo un piccolo gruppo di Paesi, tipicamente i cosiddetti Paesi dell’Annex I (vale a dire i Paesi industrializzati, come era già vent’anni fa).
L’allargamento geografico realizzato ai negoziati di Lima e quindi dal prossimo accordo di Parigi – e l’architettura emergente che combina l’approccio bottom-up degli “Intended Nationally Determined Contributions” (INDCs) con gli elementi top-down per riunire e sintetizzare i diversi contributi del segretariato dell’UNFCCC – rappresenta la miglior speranza da molti anni per un futuro accordo internazionale sul clima che sia realmente significativo».
Un punto di vista più critico è quello espresso dal Guardian, che riporta le voci delle associazioni e degli attivisti, arrivando a definire l’accordo come “una schermaglia prima della vera battaglia”.
Sam Smith, responsabile delle politiche climatiche per il gruppo ambientalista WWF, ha dichiarato dalle pagine di BBC news: «Il testo si è andato via via indebolendo fino a diventare senza dubbio debolissimo.» Tuttavia anche la BBC giudica positivamente l’accordo raggiunto a Lima, concludendo: “nessuno dei 194 Paesi che hanno partecipato ai negoziati hanno raggiunto quello che volevano, ma tutti hanno ottenuto qualcosa”.
Per ulteriori informazioni:
- L’articolo di Andrew Revkin, pubblicato sul New York Times, “In Climate Talks, Soft is the New Hard – and That’s a Good Thing”
- Il punto di vista del Guardian, nell’editoriale: The Guardian view on the Lima climate change conference: a skirmish before the real battle
- World set for climate disaster, say activists, as Lima talks falter, il punto di vista degli attivisti
- The Hartwell Paper, il report internazionale coordinato dalla London School on Economics
- 5 Things You Need to Know From the UN Climate Agreement l’articolo di 305.org
- 3 climate lessons from Lima, Durwood Zaelke dalle pagine dell’Huffington Post