Grandi incertezze sul riscaldamento globale dalle attuali politiche climatiche

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L’ingannevole precisione delle traiettorie di riduzione delle emissioni di gas serra presentate alla COP26 potrebbe portare i governi a credere di star facendo grandi progressi nella mitigazione dei cambiamenti climatici, quando invece potrebbe essere esattamente vero il contrario. Un nuovo studio pubblicato di recente su Nature Climate Change e realizzato con il contributo di Fondazione CMCC, Università Ca’ Foscari di Venezia e RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment, prende in esame le politiche attuali e gli impegni in materia di riduzione delle emissioni fatti dai Paesi nel corso dei negoziati sul clima, per capire dove potrebbero portarci in futuro.

Esiste il rischio concreto che l’ingannevole precisione delle traiettorie di riduzione delle emissioni di gas serra presentati alla COP26 possa portare i governi a credere di star facendo grandi progressi nella mitigazione dei cambiamenti climatici, quando invece potrebbe essere esattamente vero il contrario. È il risultato di un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change e realizzato con il contributo di Fondazione CMCC, Università Ca’Foscari di Venezia e RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE; tra gli autori, le ricercatrici Lorenza Campagnolo ed Elisa Delpiazzo della Divisione scientifica ECIP – Economic analysis of Climate Impacts and Policy), che ha messo in luce come l’impatto delle politiche climatiche sia molto più incerto di quanto assunto finora dai decisori politici e dai governi. Le politiche attuali e gli impegni presi dai Paesi in materia di gas serra possono ancora portare a un riscaldamento globale di 3°C nel 2100.

Lo studio, realizzato nell’ambito delle attività del progetto europeo PARIS REINFORCE ha preso in esame le attuali politiche e gli impegni presi dai Paesi (i cosiddetti Contributi determinati a livello nazionale, Nationally Determined Contributions – NDCs) per la riduzione delle emissioni dei gas serra fino al 2030. L’analisi si avvale di 7 modelli globali (Integrated Assessment Models- IAMs) e diversi metodi per “estendere” lo sforzo di abbattimento delle emissioni dal 2030 al 2100. Nonostante si osservi grande eterogeneità nelle traiettorie di emissione fino al 2050, quasi tutti gli scenari mostrano un riscaldamento medio compreso tra i 2 e i 3 °C nel 2100, il che implica futuri possibili con impatti dei cambiamenti climatici profondamente diversi.

Questo è un importante risultato all’indomani della COP26, nel corso della quale diversi studi avevano quantificato un riscaldamento globale di 2,7°C o di 2,4°C nel 2100, se rispettivamente le politiche attuali o gli NDCs saranno estesi in futuro. Questa ricerca invece ha evidenziato come l’incertezza sia rilevante: i modelli indicano infatti un riscaldamento entro il 2100 di 2,3-2,9°C per le attuali politiche, o di 2,2-2,7°C per gli NDCs.
Che gli impegni attuali non siano all’altezza degli obiettivi di contenimento dell’incremento delle temperature dell’Accordo di Parigi non è una grande novità, ma considerando come potrebbe essere il nostro Pianeta con 1,5, 2 o 4°C di riscaldamento globale secondo gli scenari illustrati dall’IPCC e dal suo ultimo rapporto (WGI-AR6), questo studio fornisce due messaggi essenziali. 

Primo, le emissioni appaiono più sensibili al modello utilizzato piuttosto che alle azioni di mitigazione ipotizzate, sottolineando l’importanza di un confronto dei risultati di modelli eterogenei ed evidenziando il ruolo critico della tipologia di modello utilizzato per definire gli obiettivi di mitigazione dei singoli Paesi. Le differenze tra modelli riflettono la diversità delle assunzioni di base, e dell’impatto degli sforzi di mitigazione a breve termine. 

In secondo luogo, come le politiche climatiche sono rappresentate nei diversi modelli ha un impatto significativo sul sentiero di riduzione delle emissioni. Lo studio mostra infatti come il concetto di ‘prezzo globale del carbonio’, molto usato nell’ambito dei modelli globali (IAMs), porti a sistemi energetici che dipendono fortemente dall’uso su larga scala di soluzioni ancora immature, come le tecnologie di cattura e sequestro del carbonio. Al contrario, quando i modelli considerano esplicitamente le politiche attuali a livello settoriale e regionale si osserva una maggiore diffusione di tecnologie già mature come le energie rinnovabili e i veicoli elettrici.

Per concludere, appare quindi chiaro come anche lo scenario più ottimista dello studio si riveli insufficiente per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale ‘ben al di sotto’ dei 2°C. Per raggiungere questo obiettivo, gli sforzi globali di mitigazione dovranno probabilmente essere intensificati, e i nuovi impegni dovranno essere seguiti da politiche climatiche concrete.

Leggi la versione integrale dell’articolo:
Sognnaes et al. (2021). A multi-model analysis of long-term emissions and warming implications of current mitigation efforts. Nature Climate Change, in press, https://www.nature.com/articles/s41558-021-01206-3.

Tutte le pubblicazioni realizzate nell’ambito del progetto PARIS REINFORCE sono disponibili a questo link.

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