La chiave nella porta

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Intervista di Laura Caciagli

Ama viaggiare, conoscere realtà e culture diverse, e quando legge un libro cerca un punto di vista diverso dal suo. Dolce, ironica e sempre sorridente, conosciamo meglio Manuela Santagata, all’ufficio comunicazione del CMCC fin dai suoi esordi.

Cosa fai al CMCC?
Lavoro nell’Ufficio Comunicazione & Media a Lecce. Mi occupo di web editing, curando in particolare la sezione istituzionale del sito web della Fondazione CMCC; la parte più interessante del mio lavoro è rappresentata dal fatto che nel nostro ufficio ci interfacciamo con tutte le divisioni di ricerca del CMCC. Qualche volta do il mio supporto nell’organizzazione  di eventi: attività impegnativa, ma che regala tante soddisfazioni, perché è uno di quei momenti in cui la Fondazione CMCC si apre al territorio.

Quale strada ti ha portato al CMCC?
Direi un caso fortunato. Stavo per partire per Torino, dove pensavo di cercare lavoro e sognavo di costruirmi un futuro, quando ho saputo che cercavano una persona laureata in lingue e letterature straniere a Lecce. Ho deciso di darmi un’ultima possibilità prima di partire e mi sono candidata.

È il lavoro che sognavi da bambina?
No. In realtà, non ricordo esattamente cosa sognavo di fare da bambina. A quindici anni sognavo di fare la hostess di volo: mi piacevano un sacco i tailleur delle hostess di Alitalia! Mi piaceva l’idea di viaggiare lavorando, conoscere tante realtà e culture diverse. Questo sogno si collega un po’ alla mia scelta di studiare le lingue straniere.

Ci racconti qual è stato il momento più bello della tua vita al CMCC?
Il momento più emozionante della mia vita al CMCC è stato la nascita dell’Ufficio Comunicazione nel 2011. Finalmente facevo parte di team di lavoro e avevo anch’io un’identità professionale un po’ più chiara, come i colleghi degli altri uffici.

Cosa c’è sulla tua scrivania?
Piccoli, simpatici oggetti: un topolino che viene da Euro Disney, una piccola ape, una moneta con incisa l’immagine di Notre-Dame de Paris; non sono oggetti che mi sono scelta, ma sono i regali che i colleghi con cui ho rapporti più stretti mi hanno portato dai loro viaggi. Hanno un valore affettivo, rappresentano le relazioni e i legami che sono riuscita a costruire in questi anni.

Com’è cambiata la tua giornata lavorativa a causa del COVID-19?
Direi che la mia giornata lavorativa adesso è improntata più di prima sul multitasking. Mi mancano però il viaggio in treno e la condivisione con i miei compagni abituali di viaggio, i colleghi che incontro a lavoro e la nostra vecchia routine. Adesso mi alzo comunque molto presto al mattino per organizzare il pranzo per la mia famiglia e svolgere un po’ di faccende domestiche, poi comincio a lavorare seduta affianco al mio primogenito Mattia che frequenta la primaria e segue la didattica a distanza. Per aiutarlo, la mia casa si è trasformata in una piccola scuola: abbiamo una lavagna, la mia cucina all’occasione può diventare anche laboratorio di scienze per i suoi piccoli esperimenti da eseguire il martedì, il soggiorno è anche la nostra palestra, qui aiuto mio figlio ad eseguire gli esercizi di motoria assegnati dall’insegnante . Le riunioni di lavoro e il confronto con i miei colleghi non mancano nel mio quotidiano, l’unica differenza è che svolgiamo tutto online; abbiamo anche organizzato degli aperitivi a distanza ed è stato tutto molto divertente, anche se col passare del tempo manca molto il confronto reale con le persone che prima incontravo tutti i giorni e con le quali condividevo una grossa fetta della mia giornata.

Cinema o letteratura?
Il mio libro è “La chiave nella porta” di Marie Cardinal. Un libro che mi ha emozionato per tanti motivi: è stato il primo libro che ho letto in francese, ed è stato capace di regalarmi un punto di vista diverso dal mio. È il racconto in parte autobiografico di una donna che sceglie di ascoltare i figli adolescenti e i loro amici facendo una scelta molto forte: lasciare la porta di casa sempre aperta (la chiave nella porta), rompere con il mondo borghese cattolico da cui proviene, per mettersi in discussione e provare davvero a comprendere i ragazzi nei loro problemi.
La protagonista però non si dipinge come un’eroina, è una persona semplice, spesso attraversata dal dubbio, molto umana. Quando ho letto questo libro a 15 anni mi ha trasmesso un profondo senso di libertà, ho pensato che anch’io, anche se non mi ritenevo una persona particolarmente forte, potevo fare delle scelte coraggiose e controcorrente. Ricordo che dopo aver letto questo libro ho pensato: “chissà quale sarà la mia chiave sulla porta, la mia scelta coraggiosa”.

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