Rimuovere CO2 dall’atmosfera può aiutare a combattere climate change, ma occorre enorme spinta in innovazione

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Un nuovo studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature Communications mostra come le nuove tecnologie per rimuovere direttamente la CO2 dall’atmosfera (Direct Air Carbon Capture and Storage – DACCS) possano contribuire a contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta e abbattere i costi richiesti dagli obiettivi internazionali sulle riduzioni di emissioni. Gli autori notano, inoltre, che queste tecnologie richiedono molta innovazione e sono valide se utilizzate come parte di un ventaglio di soluzioni per abbattere le emissioni di CO2. L’articolo è frutto della collaborazione di un team internazionale di ricercatori che comprende autori di CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment and Politecnico di Milano (per l’Italia), Grantham Institute – Climate Change and the Environment dell’Imperial College di Londra (regno Unito) e il MaREI Centre dell’University College di Cork (Irlanda).


Le tecnologie che consentono di rimuovere la CO2 dall’atmosfera possono giocare un ruolo importante per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell’Accordo di Parigi, così come sottolineato anche dal Rapporto Speciale dell’IPCC sulle possibilità di limitare l’aumento della temperatura del pianeta entro 1,5°C. Finora gli studi effettuati su questo tema si sono concentrati sui modi biologici di assorbire anidride carbonica (come ad esempio bioenergia con immagazzinamento di CO2), che possono avere effetti non positivi sugli ecosistemi e sulla sicurezza alimentare.

Questo nuovo studio pubblicato da Nature Communications indaga la possibilità di catturare CO2 direttamente dall’atmosfera con tecnologie chiamate DACCS Direct Air Carbon Capture and Storage. I risultati dello studio suggeriscono che queste tecnologie non solo contribuiscono a soddisfare gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi, ma ne abbattono anche i costi. Tuttavia, sottolineano gli autori, DACCS non possono essere considerate un’alternativa alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, attività quest’ultima che continuerà a richiedere la progressiva eliminazione dei combustibili fossili dai nostri sistemi socio-economici. I benefici derivanti dalla rimozione diretta di CO2 dall’atmosfera, spiegano gli scienziati che firmano la ricerca, sono strettamente connessi alla velocità con cui queste tecnologie saranno capaci di crescere e potenziarsi. Infatti, poiché non sono ancora pronte per un impego su larga scala, questa loro possibilità di crescita sarà limitata, almeno nel breve periodo. DACCS, quindi, non rappresenta un’alternativa alla riduzione delle emissioni, ma una delle soluzioni disponibili in un portfolio che include altre possibilità di riduzione della CO2 dall’atmosfera, l’adozione di stili di vita coerenti con una società a basso contenuto di carbonio ed altre misure che riducono le emissioni di gas a effetto serra.

Una grande innovazione apportata dalla ricerca consiste nel fatto che per la prima volta si studiano queste tecnologie utilizzando due diversi modelli di analisi tecnologico-economica in una valutazione integrata. Quest’ultima descrive in dettaglio le questioni più rilevanti in merito al consumo energetico, ai costi e ai materiali necessari ad un ampio dispiego di queste tecnologie nell’ambito delle strategie di mitigazione su scala globale.

“Due modelli (WITCH, sviluppato dal CMCC, e TIAM-Grantham, usato all’Imperial College) che usano approcci differenti per riprodurre le interazioni tra economia e sistema energetico. Quando i risultati sono coerenti con entrambi i modelli, i dati che ne emergono costituiscono degli approfondimenti più affidabili e robusti di quanto non lo fossero in precedenza. Questa è una delle grandi innovazioni di questa ricerca” spiega Laurent Drouet, ricercatore di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment.

Giulia Realmonte, junior scientist at the RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e primo autore dello studio, spiega che “si prevede che la domanda energetica per produrre i prodotti chimici necessari alla rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera sia ingente e potrebbe limitarne il numero di installazioni in futuro. In generale, l’impatto indiretto di un uso ampiamente diffuso di DACCS ha bisogno di essere approfondito e studiato più a fondo”.

Ajay Gambhir, Senior Research Fellow del Grantham Institute, aggiunge che “DACCS non è ancora disponibile per un impego su larga scala, è quindi molto importante che noi simuliamo le implicazioni del suo utilizzo per la riduzione delle emissioni con ricerche come questa. Però, solo realizzando queste tecnologie, utilizzandole e monitorandone gli impatti sulle emissioni e tutte le altre implicazioni possiamo conoscerne il vero potenziale”.

“Lo studio mostra che innovare con nuove tecnologie come la rimozione diretta di CO2 dall’atmosfera è necessario per risolvere la crisi climatica” afferma Massimo Tavoni, Direttore di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e professore al Politecnico di Milano. “Inoltre, la ricerca sottolinea anche che queste innovazioni non dovrebbero distrarre la nostra attenzione e le nostre risorse dall’urgenza di ridurre le emissioni di CO2 il prima possibile. Investimenti in energia low-carbon, in innovazione verde e in educazione sono complementari e non si escludono l’un l’altro”.

I decisori politici, quindi, dovrebbero considerare che DACCS ha un potenziale tale da giustificare investimenti in ricerca, sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie. Tuttavia, affidarci troppo insistentemente alla rimozione diretta della CO2 dall’atmosfera senza che questa possa assorbire emissioni sui larga scala ci condannerebbe a superare i limiti imposti dall’Accordo di Parigi probabilmente in modo significativo. Gli autori concludono che dobbiamo continuare a sostenere le strategie di mitigazione che sono già in atto per accogliere queste nuove tecnologie ed evitare di fallire verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.


Giulia Realmonte, Laurent Drouet, Ajay Gambhir, James Glynn, Adam Hawkes, Alexandre C. Köberle,and MassimoTavoni “An inter-model assessment of the role of direct air capture in deep mitigation pathways”, Nature Communications, DOI: 10.1038/s41467-019-10842-5. http://www.nature.com/ncomms.


 

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