
Il CMCC partecipa alla mostra “Poseidonia città d’acqua. Archeologia e cambiamenti climatici”, iniziativa che mette insieme archeologia, arte, scienza lungo una traccia che, attraversando i millenni dal passato fino alla fine del nostro secolo, approfondisce l’interazione tra l’uomo e l’ambiente.
Il clima cambia per tutti, non solo per gli scienziati. Utilizzammo questa frase qualche anno fa, era il 2014, per spiegare i motivi di una iniziativa nata per raccontare le scienze del clima in occasione della pubblicazione del rapporto dell’IPCC, organismo internazionale che periodicamente fa il punto sulle conoscenze scientifiche sull’argomento (https://www.clima2014.it/). Si tratta di una raccolta di materiali multimediali (video, infografiche, illustrazioni, numeri e testi) in cui scienziati ed esperti spiegano e raccontano cosa sono i cambiamenti climatici, cosa dobbiamo aspettarci per il futuro, quali conseguenze dobbiamo attenderci per le nostre vite quotidiane e quali soluzioni abbiamo a disposizione per limitare l’innalzamento della temperatura, contenere i suoi effetti sulle nostre economie e sulle nostre vite, mettere in piedi iniziative che ci rendano preparati di fronte a situazioni che possono essere potenzialmente molto dannose (ad esempio piogge intense, ondate di calore, siccità) per molti settori produttivi, ma anche per le vite umane.
A distanza di qualche anno, quelle stesse parole ci aiutano a spiegare perché un centro di ricerca multidisciplinare sui cambiamenti climatici partecipa ad una mostra che mette insieme archeologia, arte, scienza lungo una traccia che, attraversando i millenni dal passato fino alla fine del nostro secolo, approfondisce l’interazione tra l’uomo e l’ambiente. La ragione sta nel fatto che i cambiamenti climatici sono un tema plurale che coinvolge una molteplicità di discipline scientifiche, di attori sociali, di dimensioni geografiche, di scale temporali. Per conoscere il clima bisogna essere in tanti. Di scienze del clima si parla al plurale perché una sola disciplina non basta a indagare, analizzare, studiare il sistema climatico e come questo interagisca con le attività umane, con le società, con le economie, con le nostre singole vite quotidiane. I cambiamenti climatici chiamano la comunità scientifica ad abbattere vecchie barriere tra discipline tradizionali per realizzare una collaborazione del tutto nuova e necessaria, che sappia mettere insieme fisici dell’atmosfera, oceanografi, matematici, economisti, ingegneri, esperti di relazioni internazionali, di informatica e di calcolo avanzato, di agronomia e di scienze forestali, di analisi e gestione del rischio ambientale. Tutte persone che erano abituate a parlare linguaggi diversi, ad usare parole a volte incomprensibili per i propri interlocutori. Solo trovando un linguaggio comune si riesce a utilizzare tecnologie complesse per elaborare enormi quantità di dati, realizzare scenari del clima futuro e capire come l’innalzamento della temperatura media del pianeta influisca su produzioni agricole, disponibilità di cibo, fabbisogno energetico, industria dei trasporti, salute umana, pianificazione delle nostre città future, ecosistemi marini e terrestri, perfino sulle migrazioni umane.
Il compito delle scienze del clima è quello di produrre conoscenza e di metterla a disposizione della società affinché sia concreta la possibilità di prendere decisioni scientificamente fondate. Questo è l’obiettivo che ispira le attività della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici che si impegna, a partire dall’infrastruttura di supercalcolo che si trova a Lecce (attualmente la sola in Europa che sia dedicata esclusivamente ai cambiamenti climatici), in ricerca avanzata per capire come sarà il futuro in base alle scelte che si decide di compiere oggi. Questo è il contributo che ha offerto la divisione Regional Models and Geo-Hydrological Impacts che, con sede a Capua presso il CIRA e diretta dalla Dott.ssa Paola Mercogliano, ha utilizzato modelli climatici tra i più avanzati a livello mondiale per elaborare scenari climatici focalizzati sull’area del Sele, il territorio su cui è nata Poseidonia, la città del mare. I numeri, le mappe, i dettagli definiti dalla ricerca scientifica del CMCC si possono scoprire attraverso la mostra, ambito ideale per leggerli e contestualizzarli in un percorso millenario e definire così quanto è importante sapere come cambieranno a Poseidonia le piogge intense, le giornate calde, le medie delle precipitazioni alla fine del XXI secolo. Perché questo conta soprattutto: che quei dati climatici siano parte di una visione che, dal passato al futuro, ritrae il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente componendo una molteplicità di linguaggi che raramente riescono a parlare insieme.
Per questo motivo la Fondazione CMCC partecipa alla mostra “Poseidonia città d’acqua. Archeologia e cambiamenti climatici”. Se il clima cambia e cambia per tutti, non solo per gli scienziati, la scienza si trova di fronte a una sfida del tutto nuova: non basta più produrre conoscenza, non basta compiere lo sforzo di abbattere tradizionali barriere tra discipline scientifiche, ma è necessario anche cercare e sperimentare linguaggi e strumenti che rendano questa conoscenza comprensibile alle persone che, al di fuori della comunità scientifica, sono toccate e interessate dai cambiamenti climatici. La Fondazione CMCC è impegnata in questa ricerca che dalla scienza guarda al mondo del giornalismo, dei media digitali e tradizionali, dell’opinione pubblica attraverso la produzione di contenuti come la rivista Foresight – The CMCC Observatory on climate policies and futures (https://www.climateforesight.eu/), eventi, collaborazioni con le scuole. La Fondazione CMCC è dunque a Poseidonia per contribuire – citando le parole del direttore del parco archeologico di Paestum Gabriel Zuchtriegel e il co-curatore anglo-australiano Paul Carter – alla capacità delle società umane di comprendere cambiamenti, adattarsi e ricostruirsi.
Per maggiori informazioni sulla mostra, visita la pagina dell’evento.