Una mappa dettagliata delle Urban Heat Islands

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Superfici impermeabili vs aree verdi, ma anche l’interazione di fattori demografici, socioeconomici e dell’ambiente urbano, sono fattori che influenzano gli impatti e i rischi legati al calore nelle città. Un’analisi del rischio condotta dal CMCC sul nesso calore-salute nella città di Torino è stata condotta con la massima risoluzione possibile considerando vari fattori alla base delle disuguaglianze. Il risultato della ricerca fornisce spunti per i responsabili politici locali per la definizione di misure di adattamento futuro a medio e lungo termine, da implementare su scala locale.

La maggior parte della popolazione mondiale vive nelle aree urbane, che sono anche le zone più colpite dai cambiamenti climatici. Le ondate di calore e le temperature estreme sono più intense nelle aree densamente edificate, inasprendo le debolezze e le disuguaglianze esistenti tra la popolazione urbana.

Uno studio interdisciplinare pubblicato sulla rivista Urban Climate e condotto dalla Fondazione CMCC si concentra sul fenomeno dell’isola di calore urbano (Urban Heat Island, UHI), fornendo una metodologia riproducibile e flessibile per esplorare la valutazione del rischio sul nesso calore-salute all’interno della città di Torino.

L’isola di calore urbano (UHI) è definita come una differenza di temperatura tra aree urbane e aree rurali, causata dall’eccesso di calore emesso e dal guadagno solare intrappolato dall’ambiente urbanizzato. “Il fenomeno delle UHI è tipico delle aree urbane ed è più forte durante le ondate di calore”, ha detto Marta Ellena, della divisione REMHI (REgional Models and geo-Hydrological Impacts) del CMCC e prima autrice della ricerca. “Questo accade perché le città sono per lo più coperte da superfici impermeabili, e questo rende le temperature più elevate, peggiorando l’effetto UHI già esistente”.

L’obiettivo principale dello studio è stato quello di produrre valutazioni del rischio climatico a scala locale prendendo in considerazione i principali fattori di disuguaglianza, che sono cruciali per suggerire strategie di adattamento per città più resistenti al clima e più sostenibili.

Una caratteristica importante dello studio è stata l’identificazione del rischio di UHI per sezioni di censimento, che è l’unità geografica minima di raccolta dati attualmente disponibile dai comuni italiani. “Questo è uno degli aspetti più innovativi di questo lavoro”, ha detto Ellena, “perché gli studi precedenti prendevano in considerazione i quartieri o le circoscrizioni della città. Ad esempio, Torino ha 23 quartieri e 8 circoscrizioni: in questo studio abbiamo considerato le sezioni di censimento, che sono 3843, quindi è una quantità enorme di informazioni, soprattutto rispetto agli studi precedenti».

La ricerca è stata condotta adottando un quadro teorico aggiornato proposto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), applicato all’area urbana di Torino, la quarta area urbana italiana per popolazione.

Il rischio correlato all’UHI è descritto in questo framework come la combinazione e interazione di tre fattori principali: pericolo, esposizione e vulnerabilità.

La pericolosità climatica è rappresentata dalle UHI e dalla loro distribuzione all’interno dei confini urbani; l’esposizione si riferisce alla presenza di cittadini vulnerabili nelle aree urbane che potrebbero avere impatti negativi dal verificarsi di fenomeni di UHI: in questo caso, è stata considerata la popolazione di età pari o superiore ai 65 anni. Infine, la vulnerabilità è definita come composta da due fattori, la sensibilità e la capacità di adattamento. La sensibilità è composta dagli elementi che concorrono alla suscettibilità della popolazione esposta considerata, quali i fattori demografici e socioeconomici, le condizioni di salute e il contesto ambientale dell’area urbanizzata. La capacità di adattamento invece prende in considerazione la disponibilità di strutture e servizi che contribuiscono a condizioni più favorevoli per gli individui a temperature estreme.

“La combinazione di tutti questi fattori ci permette di esprimere la complessità del concetto di rischio associato alle Isole di Calore Urbano”, ha detto Guglielmo Ricciardi, del CMCC e del Politecnico di Torino, un altro autore dello studio. “Non sono solo le aree più verdi o più urbanizzate a influenzare il rischio sui cittadini. Dovremmo anche considerare le caratteristiche degli edifici, la vicinanza agli ospedali o agli spazi pubblici con aria condizionata, e così via.

I risultati sono stati raccolti in tabelle e visualizzati attraverso mappe georeferenziate con indicatori individuali e aggregati, e sono open access e disponibili sotto licenza creative commons.

Maps of the UHI risks and the prioritized areas for intervention

Visualizzazione del rischio di UHI (R.01; R.02) e aree con priorità di intervento (R.03).

 

I risultati dello studio hanno permesso di identificare le UHI nella città di Torino e il relativo rischio per la popolazione, nonché le aree che hanno priorità di intervento su scala molto dettagliata. La pericolosità più bassa è stata rilevata nelle aree verdi corrispondenti ai principali parchi urbani, dimostrando così il significativo contributo della vegetazione alla riduzione del calore, mentre le zone a più alto rischio sono per lo più localizzate nelle aree densamente popolate delle periferie.

“Un punto di forza di questo lavoro è che un’analisi così ad alta risoluzione della connessione tra il pericolo delle UHI, l’esposizione della popolazione e le relative vulnerabilità a livello urbano è ancora raro”, ha detto Ellena, “e ci auguriamo che venga utilizzato dai responsabili politici per decisioni e misure di adattamento più informate, o da altri ricercatori come guida per riprodurre analisi simili in altri contesti urbani italiani (e non italiani) ”.

 

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