Emissioni negative: dalla ricerca CMCC un numero speciale di Climatic Change

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Quale ruolo nel futuro per le tecnologie che consentono di eliminare dall’atmosfera più CO2 di quanta non ne venga assorbita nel naturale ciclo del carbonio? La prestigiosa rivista Climatic Change dedica a questo tema un numero speciale ricco di analisi multidisciplinari sul potenziale impatto delle emissioni negative sulla gestione dei cambiamenti climatici nei prossimi decenni. Con risultati interessanti. Ma chi pensa che queste tecnologie ci consentiranno di continuare a emettere gas a effetto serra con lo stesso ritmo cui siamo abituati da mezzo secolo a questa parte dovrà rivedere le sue valutazioni.
Ricco il contributo del CMCC a questa importante pubblicazione: Massimo Tavoni ha curato – insieme a Robert Socolow di Princeton – l’intero numero speciale ed è autore con Chen Chen di un articolo sugli effetti delle applicazioni di particolari tecnologie per rimuovere
CO2 dall’atmosfera, mentre Marcello Vichi, Antonio Navarra e Pier Giuseppe Fogli, firmano uno studio sull’adattamento del ciclo naturale del carbonio all’applicazione di queste tecniche che vanno sotto il nome di geo-ingegneria.

 Se l’eccesso di gas serra nell’atmosfera è tra i responsabili dei cambiamenti climatici, le soluzioni per fare in modo che nei decenni futuri la concentrazione di queste sostanze diminuisca sono essenzialmente due: produrne quantità minori e, in secondo luogo, studiare e utilizzare metodi che consentano di rimuovere dall’atmosfera più CO2 di quanta non ne sia assorbita attraverso il ciclo naturale del carbonio dagli oceani, vegetazione e suolo. A questa seconda opzione ci si riferisce con l’espressione “emissioni negative”: i sistemi che permettono di assorbire alcuni gas a effetto serra, riducendone la loro concentrazione in atmosfera e quindi gli effetti sul clima.

La prestigiosa rivista Climatic Change ha dedicato un numero speciale al tema delle emissioni negative, con particolare attenzione al lavoro integrato di esperti di modellistica – i cui studi analizzano modelli matematici per la valutazione integrata di possibili scenari futuri – e scienziati le cui analisi si concentrano su specifiche implicazioni dei sistemi di rimozione della CO2 dal punto di vista di discipline diverse.

Curata da Massimo Tavoni (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – CMCC), e Robert Socolow (Università di Princeton) questa raccolta riunisce contributi che, considerando obiettivi di concentrazione di gas a effetto serra in linea con un aumento di temperatura media della superficie terrestre compreso tra 2 e 2,5°C, analizzano possibili risultati di strategie per la CDR (Carbon Dioxide Removal). Dopo aver presentato valutazioni su quello che possiamo attenderci dall’applicazione di simili metodi negli scenari considerati, gli autori degli articoli successivi affrontano la questione dal punto di vista dell’ecologia, dello studio sul ciclo del carbonio, dell’ingegneria chimica e delle scienze politiche. Il risultato è un’analisi multidisciplinare capace di offrire uno sguardo che fa luce su molti aspetti della complessa questione e che, forse, lascerà un po’ di delusione nella bocca di coloro che pensano di ovviare solo con tecnologie CDR al problema di dover ridurre nei prossimi decenni la concentrazione di gas a effetto serra in atmosfera.

Dagli studi presentati nel numero speciale curato da Tavoni e Socolow, infatti, emerge che, quando si considerano strategie di riduzione delle emissioni che contemplano impegni decisi da prendere nei primi decenni del secolo per ottenere importanti risultati di contenimento della concentrazione CO2 equivalente (CO2e) alla fine del secolo, i modelli mostrano che occorre una forte decarbonizzazione dell’economia globale, in particolare del settore energetico. Metodi e tecnologie CDR mostrano di essere competitivi solo più in là negli anni, cioè quando, in conseguenza dell’attuazione di strategie convenzionali per la mitigazione, una parte considerevole della riduzione delle emissioni sarà stata già raggiunta. Si tratta, infatti, di tecniche che mostrano efficacia solo dopo che il surplus di emissione di CO2 proveniente da combustibili fossili sia stato eliminato in buona misura e, anche in quel caso, la riduzione di concentrazione procederebbe a ritmi molto lenti (circa 1 ppm l’anno, il che vuol dire che per abbassare la concentrazione di CO2e da 550 ppm a 450 ppm occorrerebbe circa un secolo).

Infine, dall’analisi delle ricerche raccolte nel numero di Climatic Change, emerge chiaramente come la ricerca dei cambiamenti climatici non possa prescindere da uno sguardo multidisciplinare che sappia mettere insieme punti di vista diversi e necessari allo studio di temi così complessi. In questo volume, infatti, la dimensione interdisciplinare della raccolta riesce a far emergere come le tecnologie CDR possono giocare un ruolo efficace quando impiegate in maniera integrata ad altre strategie di mitigazione che mirano a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, altrimenti i benefici prodotti dalla rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera potrebbero essere superati da conseguenze negative sul piano ambientale e sociale, quali ad esempio l’eccessivo sfruttamento di suolo e risorse idriche o il rilascio di CO2 da parte degli oceani.

Il contributo italiano del CMCC al numero speciale di Climatic Change “Carbon Dioxide Removal from the Atmosphere: Complementary Insights from Science and Modeling”

A quest’ultimo tema è dedicato l’articolo “Adjustment of the natural ocean carbon cycle to negative emission rates” firmato dagli scienziati del CMCC Marcello Vichi, Antonio Navarra e Pier Giuseppe Fogli. Gli autori utilizzano una serie di modelli del sistema Terra (Earth System Model) per studiare l’adattamento del ciclo naturale del carbonio a strategie CDR semplificate che considerino come obiettivo un valore di CO2 atmosferica fissato, oppure una quantità di emissioni negative annuali definita in modo da raggiungere una determinata riduzione di CO2 in atmosfera. Le simulazioni mostrano che la rimozione di CO2 dall’atmosfera tramite CDR avrebbe come conseguenza il rilascio di CO2 dagli oceani; pertanto l’efficacia delle strategie a emissioni negative ne risulterebbe diminuito, con un aumentato bisogno di rimozione di CO2 dall’atmosfera.

Le simulazioni mostrano che le azioni di CDR devono sempre considerare anche un rilascio extra del carbonio antropogenico accumulato nell’oceano dalle emissioni passate e così aumenta necessariamente il bisogno di rimozione di CO2 dall’atmosfera che deve essere pianificato.

Chen Chen e Massimo Tavoni (entrambi CMCC), nell’articolo dal titolo “Direct air capture of CO2 and climate stabilization: A model based assessment” concentrano la loro attenzione su uno specifico metodo di CDR: la cattura diretta di CO2 dall’aria tramite processi chimici. Utilizzando il modello WITCH – che integra aspetti energetici, economici e climatici – gli autori analizzano le prospettive di lungo periodo di questo particolare sistema di rimozione di CO2 dall’atmosfera in due diversi scenari, valutandone gli effetti sui mercati energetici, sulla realizzazione di sistemi socio-economici a basso contenuto di carbonio e sulle strategie di abbattimento della concentrazione di gas a effetto serra nell’atmosfera.

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