I sussidi all’energia tra petrolio, gas, rinnovabili e climate change

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Un mondo senza sussidi ai combustibili fossili aiuterebbe la crescita delle rinnovabili? Farebbe diminuire drasticamente le emissioni di CO2 nel mondo? La risposta non è affatto scontata, interessa soprattutto i maggiori esportatori di gas e petrolio e chiama in causa le misure a sostegno delle fasce di reddito più basso. Il tutto è spiegato in una nuova ricerca appena pubblicata sulla rivista Nature, tra gli autori anche i ricercatori del CMCC Massimo Tavoni e Johannes Emmerling.

Una singola soluzione miracolosa non esiste. In un mondo che vuole allontanarsi dall’uso di energia proveniente da fonti fossili, i sussidi a queste ultime non sembrano avere alcun senso. Al tempo stesso però, non si può pensare che l’eliminazione di questi sussidi sia, da sola, la soluzione al problema delle emissioni di CO2 nel mondo. Sono parole di Massimo Tavoni, uno dei due ricercatori CMCC, insieme a Johannes Emmerling tra gli autori di un articolo appena pubblicato su Nature. “Come è scritto nell’articolo – continua Tavoni – in alcuni Paesi, come i maggiori esportatori di energia prodotta da fossili, l’eliminazione dei sussidi conduce a risultati significativi sia sull’uso delle rinnovabili che sulla riduzione delle emissioni. A livello globale, però, le conseguenze sarebbero limitate, il che vuol dire che non bisogna mai dimenticare che servono altre soluzioni, come ad esempio tassare la CO2, investire in innovazione”.
Il team internazionale che ha svolto la ricerca ha utilizzato per la prima volta il confronto tra i risultati prodotti da cinque modelli matematici (Intergrated Assessment Models), tra cui uno parzialmente sviluppato dal CMCC, comparandone gli esiti per avere risultati più affidabili e puntuali rispetto studi simili svolti nel passato. Secondo quanto emerso dalla ricerca, la rimozione di sussidi alle fonti fossili a livello globale produrrebbe, entro il 2030, una diminuzione delle emissioni di CO2 compresa tra l’1 e il 5%, pari a una quantità compresa tra 0,5 e 2 miliardi di tonnellate di CO2, un numero inferiore agli impegni dell’accordo di Parigi che richiede una diminuzione di 4-8 miliardi di tonnellate di CO2, e che comunque non permetterebbe di rimanere sotto i 2°C.
Bisogna fare però delle distinzioni tra diverse aree geografiche. Prendiamo ad esempio le regioni da cui partono le maggiori esportazioni di petrolio e di gas. Medio Oriente e Nord Africa (area comunemente denominata MENA nelle analisi degli esperti di mercati energetici), Russia e America Latina raccoglievano nel 2015 i due terzi dei sussidi mondiali che, se fossero eliminati, porterebbero in quest’area geografica, a tagli di emissioni uguali o maggiori a quelli stabiliti a Parigi. Il discorso è invece diverso per altre realtà, come l’India e regioni africane dove l’eliminazione dei sussidi avrebbe un impatto immediato sulle bollette e sui bilanci familiari, andando ad interessare le fasce di popolazione a reddito più basso. In simili situazioni, e in assenza di misure compensative, il risultato potrebbe essere il taglio dei consumi energetici e l’orientamento verso il più economico carbone come fonte di energia.
Questo vuol dire che eliminare i sussidi è una scelta sbagliata per raggiungere gli obiettivi di Parigi?
“No – chiarisce Tavoni – vuol dire piuttosto che eliminare i sussidi è una misura che da sola non basta. Intanto sappiamo che in alcune regioni produrrebbe effetti di riduzione sulle emissioni, per non parlare del miglioramento della qualità dell’aria conseguente a una riduzione dell’uso delle fonti fossili, con beneficio per la salute pubblica. Ci sono regioni dove invece gli esiti possono essere negativi, ma in questi casi bisogna fare attenzione a tutte le ripercussioni che una singola misura può avere e integrarla in una serie di iniziative che ne bilancino gli impatti sociali ed economici. La tassazione della CO2 rimane uno strumento fondamentale. Le fasce di reddito basse possono essere protette dall’aumento dei prezzi dell’energia con misure compensative (esenzioni o rimborsi) sostenuti dal gettito fiscale derivante dalla tassa. Ma ancora non sarebbe sufficiente, perché abbiamo anche bisogno di innovare per sviluppare nuove tecnologie ed abbassare i costi di quelle esistenti, allo stesso tempo dobbiamo sostenere il cambiamento dei comportamenti individuali attraverso interventi come i ‘nudges’ che sono particolarmente interessanti, soprattutto quando si legano alla crescente digitalizzazione”.

Il paper su Nature
“Limited emission reductions from fuel subsidy removal except in energy-exporting regions” – Jessica Jewell, David McCollum, Johannes Emmerling, Christoph Bertram, David E. H. J. Gernaat, Volker Krey, Leonidas Paroussos, Loïc Berger, Kostas Fragkiadakis, Ilkka Keppo, Nawfal Saadi, Massimo Tavoni, Detlef van Vuuren, Vadim Vinichenko & Keywan Riahi – Nature volume554, pages229–233 – doi:10.1038/nature25467

Info: Mauro Buonocore – CMCC – Press Officer
[email protected] – tel. +39 0832 671060

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