“La vera sfida per combattere affrontare i cambiamenti climatici nell’Africa Subsahariana sta nell’emancipare l’agricoltura dalle dipendenza dalle piogge”.
Rushid Hassan è uno dei massimi esperti di impatti del climate change sul continente africano; in particolare, dal Center for Environmental Economics for Africa e dal Department of Agricultural Economics dell’Università di Pretoria studia i rapporti tra le evoluzioni del clima e l’economia del continente africano. Lo abbiamo incontrato a Venezia, durante il workshop dal titolo The Economics of Adaptation to Climate Change, che si è tenuto il 2-3 Aprile 2009 a Venezia, organizzato da International Center for Climate Governance (ICCG) – una iniziativa congiunta di FEEM e FGC – in collaborazione con OECD.
Il contributo di Hassan era centrato sulle sfide e le opportunità per l’agricoltura africana nella prospettiva di strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
“La prima e più urgente azione di adattamento che porterebbe benefici all’area subsahariana riguarda i sistemi di irrigazione e gli investimenti necessari per rendere le rese agricole indipendenti dall’andamento delle piogge, in modo tale da garantire ai terreni coltivati un afflusso d’acqua stabile e continuo”.
Oggi – ha spiegato ancora Hassan – solo il 4% dei terreni agricoli dell’Africa Sub Sahariana può utilizzare sistemi di irrigazione, questo vuol dire che il restante 96% dell’intero sistema agricolo dell’area (che rappresenta gran parte dell’intero continente) è estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Se le piogge saranno sufficienti, i sistemi socio-economici potranno basarsi su determinate condizioni di sussistenza per la popolazione, ma se le piogge saranno scarse, le conseguenze saranno molto negative sui redditi delle popolazioni africane e, di conseguenza, ci saranno ricadute sulla salute pubblica, sulla sicurezza alimentare, sulla qualità dell’aria e sulla diffusione delle malattie.
“Si tratta di conseguenze che sono strettamente legate tra loro e che potrebbero essere innescate dai cambiamenti climatici, se non si mettono in atto misure di adattamento efficaci”, ha detto Hassan. “Queste dovrebbero muovere in due direzioni”, ha continuato: “da una parte, come detto, emancipare l’agricoltura subsahariana dalla dipendenza dalle piogge e potenziare la scarsa disponibilità di sistemi di irrigazione; dall’altra cercare di moltiplicare le fonti di reddito e fare in modo che la sussistenza delle persone non sia vincolata esclusivamente al settore agricolo”.
Se è chiaro che la via delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici per l’Africa subsahariana è fatta di questi due binari strettamente collegati tra di loro, la domanda che cerca risposta riguarda i modi per innescare queste strategie. “Sono soluzioni che chiedono di aumentare il livello di produzione pro capite di gas serra in questa area”, osserva Hassan. “Emancipare il mondo del lavoro e le condizioni di vita delle popolazioni dall’agricoltura, migliorare le condizioni di sicurezza alimentare, realizzare infrastrutture per migliori sistemi di irrigazione e il potenziamento di tecnologie e sistemi per un uso più efficiente delle risorse idriche vuol dire aumentare il consumo di energia. Allo stesso tempo però – conclude l’esperto studioso africano – sappiamo che sono a disposizione, e ci saranno sempre di più, tecnologie per una produzione e per un consumo di energia a basso contenuto e a basse emissioni di carbonio; la disponibilità di queste nuove alternative risiede nei paesi più sviluppati e industrializzati: quando parliamo di aiuti ai paesi in via di sviluppo non parliamo solamente di denaro, ma anche di supporto tecnologico e del diritto delle popolazioni subsahariane ad avere accesso a queste tecnologie low carbon per utilizzarle aumentando il proprio consumo di energia e limitando l’impatto sui cambiamenti climatici”.