Rischio idrogeologico: il caso studio di Amalfi

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In molte aree del mondo, le frane, in particolare quelle superficiali, rappresentano un rischio considerevole e sono causa di disastri e d’ingenti danni economici. Un’attenta valutazione dovrebbe perciò essere dedicata a come in futuro gli effetti dei cambiamenti climatici potranno far variare la frequenza di tale rischio. Una quantificazione dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici potrebbe infatti essere essenziale, per esempio, per la progettazione e lo sviluppo dei futuri piani territoriali o per l’aggiornamento degli attuali sistemi di allerta precoce.

Le attuali performance dei modelli climatici a scale sotto-giornaliere, essenziali per prendere in considerazione le precipitazioni intense e di breve durata responsabili di frane improvvise, non sono purtroppo ancora abbastanza affidabili per un’analisi approfondita della stabilità dei nostri rilievi e versanti.
In un tentativo di ovviare ai limiti dovuti alla differenza di risoluzione temporale tra modelli climatici e di pericolosità, un nuovo studio pubblicato di recente su Landslides (tra gli autori, anche i ricercatori della Fondazione CMCC F.Ciervo, G. Rianna, P. Mercogliano della Divisione REMHI) presenta un approccio utile a stimare le future variazioni del rischio di frane superficiali e gestire le incertezze associate ai modelli climatici e al downscaling sotto-giornaliero. Il nuovo metodo è stato in particolare saggiato in un piccola area della costa amalfitana.
L’articolo mette in luce come variazioni nell’andamento delle precipitazioni possano influenzare a livello locale la stabilità dei versanti, fornendo anche una valutazione qualitativa sull’efficacia degli attuali sistemi operativi di allerta, in un futuro influenzato dagli effetti dei cambiamenti climatici.

In un altro studio pubblicato di recente su Natural Hazards, infine, gli autori si sono soffermati sui potenziali cambiamenti delle interazioni fra suolo e atmosfera per effetto dei cambiamenti climatici, responsabili di variazioni del grado di umidità del suolo, elemento a sua volta in grado di influire sulla stabilità o meno dei rilievi. Non solo i cambiamenti climatici, rivela lo studio, ma anche la natura e l’uso del suolo, rivestirebbero un ruolo importante nel determinare il grado di pericolosità del rischio idrogeologico.

Leggi le versioni integrali dei due articoli:

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