Accordo di Copenhagen: chi ci sta e chi non ci sta

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Rispettando il termine del 31 Gennaio stabilito al termine del summit di Copenhagen, 55 Paesi hanno comunicato all’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) i loro impegni di riduzione delle emissioni al 2020.
Tra i Paesi in via di sviluppo, India e Cina non hanno preso impegni specifici di abbattimento delle emissioni, ma hanno proposto, rispettivamente, obiettivi volontari di riduzione del 40-45% e del 20-25% rispetto ai livelli del 2005.
I Paesi più industrializzati hanno confermato gli obiettivi preannunciati. In particolare, l’Unione Europea ha confermato il 20% di riduzione dei gas serra rispetto ai livelli del 1990 (obiettivo che crescerebbe al 30% se i principali emettitori condividessero, in un accordo internazionale, uno sforzo comparabile), e gli Stati Uniti il 17% di riduzione rispetto ai livelli del 2005. L’Australia ridurrà le emissioni del 25% rispetto ai livelli del 2000 ad una condizione: che si raggiunga un accordo globale, capace di mettere in atto riduzioni tali da stabilizzare le emissioni globali di CO2-eq a 450 ppm (parti per milione). Similmente, la Nuova Zelanda ha subordinato il suo obiettivo del 10-20% di riduzione delle emissioni, rispetto al 1990, al raggiungimento di un accordo globale.
Tra gli altri Paesi in via di sviluppo, il Brasile si è impegnato ad una riduzione del 36.1-38.9% rispetto al Business as Usual, cioè rispetto alle proiezioni delle emissioni brasiliane al 2020 senza interventi di riduzione, mentre il Sud Africa e l’Indonesia si sono impegnate rispettivamente al 34% e 26% rispetto al Business as Usual.

Per approfondimenti e dettagli sugli obiettivi presentati dai Paesi:


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