COVID-19: urgente ripensare i nostri sistemi di produzione del cibo

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Il cibo è collegato alla salute dell’uomo e dell’ambiente e rappresenta una leva straordinaria per migliorare entrambi. È tempo di ripensare e riorganizzare i nostri sistemi di produzione alimentare. L’analisi di Marta Antonelli, Gabriele Riccardi e Riccardo Valentini.

“La pandemia di COVID-19 ha messo in luce come la salute delle persone, degli animali e delle piante siano indissolubilmente collegate, e che in futuro condivideranno un comune destino. Trasformare le economie e le società per mitigare, essere pronti, affrontare i futuri sconvolgimenti e la crisi futura è un imperativo condiviso a livello globale, dal momento che nessun paese è esentato da queste sfide o può farcela da solo. Il ripensamento e la riorganizzazione dei sistemi alimentari è parte integrante e obbligatoria di questo percorso. Standard globali in materia di sicurezza alimentare, sicurezza e salute, saranno essenziali per andare avanti”. Così si esprimono sul Guardian Marta Antonelli (Fondazione Barilla), il Prof. Gabriele Riccardi (Università degli Studi di Napoli Federico II), e il Prof. Riccardo Valentini (Università degli Studi della Tuscia, Università russa dell’amicizia tra i popoli –RUDN- di Mosca, membro del Comitato Strategico della Fondazione CMCC).

Deforestazione, perdita di biodiversità, estinzioni di massa di specie animali e vegetali, crisi idriche sempre più frequenti in tutto il mondo: gli autori sottolineano come la COVID-19 sia solo l’ultima manifestazione di un legame spezzato tra uomo e natura, a cui vanno a sommarsi altri comportamenti e pratiche umane ad alto rischio, come mercati umidi, commercio di animali selvatici e allevamenti intensivi, tutte condizioni che portano all’emergenza di epidemie zoonotiche, cioè di malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, in costante crescita nel corso degli ultimi vent’anni.

I sistemi alimentari sono disfunzionali per l’ambiente, le società e le economie in tutto il mondo. La diffusione della pandemia di COVID-19 ha ulteriormente dimostrato la fragilità dei nostri sistemi alimentari a livello globale, ma offre l’opportunità di ripensare al modo in cui produciamo, distribuiamo e consumiamo il cibo in una prospettiva sostenibile di lungo periodo. Promuovere diete sane e sostenibili, rispettose di tradizioni e culture locali, potrebbe ridurre l’incidenza di malattie, disabilità e morti legate all’alimentazione, così come prevenire la bonifica dei terreni, la perdita di biodiversità e lo sfruttamento delle risorse idriche.

Gli autori concludono sottolineando come “i rischi posti da riscaldamento globale, degrado ambientale, malattie non trasmissibili, diffusione di epidemie zoonotiche e le probabili crisi alimentari e umanitarie che ne deriveranno, potranno essere mitigati solo avviando una nuova economia globale che abbia la sostenibilità al centro/che assegni alla sostenibilità un ruolo centrale attraverso standard e obiettivi globali per i sistemi alimentari (sicurezza e salute). Abbiamo bisogno di una governance più forte dei beni comuni globali – terra, acqua, aria e foreste. Le soluzioni richiederanno competenze multidisciplinari e multistakeholder, collaborazioni e diversi approcci; migliori condizioni di vita e retributive per gli agricoltori (che sono i principali amministratori delle risorse naturali del mondo); comportamenti aziendali sostenibili e trasparenti; importanti cambiamenti nel mondo della finanza e degli investimenti; profonde e solide riforme politiche; modelli di consumo più responsabili. Dobbiamo occuparci dei nostri sistemi globali di produzione del cibo adesso, prima che sia troppo tardi.”

Leggi l’articolo completo sul Guardian.

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