Quando le proteine aiutano l’economia, l’ambiente e la salute: un’analisi dell’impronta ecologica

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Al giorno d’oggi, gran parte della produzione di cibo e colture è destinata all’alimentazione degli animali, in particolare degli animali degli allevamenti intensivi, o alla produzione di biocarburanti.
Le proteine di origine vegetale richiedono meno risorse naturali (acqua e suolo) per essere prodotte, rilasciano meno gas serra in atmosfera, contribuiscono alla rigenerazione del suolo e, dal punto di vista medico, appaiono un cibo più sano: sono questi alcuni dei risultati dello studio pubblicato di recente su Land Use Policy (tra gli autori, anche i ricercatori CMCC Arianna Di Paola e Monia Santini della Divisione IAFES). I ricercatori hanno realizzato una stima dell’impronta ecologica, in termini di suolo, acqua, e carbonio, delle proteine di origine animale prodotte con sistemi di allevamento intensivo, per confrontarla con quella di un equivalente quantitativo di proteine di origine vegetale.
I risultati dello studio sono sorprendenti: le proteine di origine animale degli allevamenti intensivi sono da due a oltre trenta volte più esigenti in termini di acqua e suolo necessari, e da due a 240 volte più inquinanti in termini di emissioni di gas serra, se confrontati con le proteine di origine vegetale.

I ricercatori hanno inoltre formulato una serie di semplici ipotesi per recuperare risorse ambientali attraverso una riduzione del surplus pro-capita di proteine (riducendo totalmente o solo in parte l’apporto di proteine di origine animale provenienti da sistemi di allevamento intensivo), di tre regioni rappresentative (Nord America; Europa occidentale; Asia orientale), dove gli allevamenti intensivi rappresentano buona parte della produzione di cibo di origine animale.
La capacità di recupero dell’ambiente variava in maniera considerevole a seconda degli scenari ipotizzati, ma anche le stime più basse suggerivano notevoli risultati.
Se fosse necessario un quantitativo maggiore di proteine nella dieta, le colture con un elevato contenuto proteico, come piselli, ceci, soia, lupini potrebbero contribuire a soddisfare la sicurezza alimentare, mentre il miglior compromesso fra abitudini alimentari e protezione ambientale nei Paesi ricchi potrebbe essere rappresentato da un moderato consumo di carne prodotta senza l’impiego di cereali per l’alimentazione degli animali.

Mentre la transizione energetica e la trasformazione dei nostri sistemi di produzione potrebbero richiedere ingenti investimenti e tempi lunghi per la loro attuazione, le persone, al contrario, possono fare da subito la differenza, iniziando a cambiare le proprie scelte alimentari già oggi, con un investimento di modesta entità. 
Alla luce di questi risultati e delle conoscenze disponibili attualmente, i ricercatori si augurano che questo studio possa contribuire ad aumentare la consapevolezza e l’interesse per le strategie per ridurre la produzione cerealicola destinata agli allevamenti, sostenendo i benefici di un moderato e ancora sostenibile consumo di carne e altri prodotti di origine animale, garantendo la sicurezza alimentare e un’adeguata assunzione di nutrienti nei Paesi più poveri.

Leggi la versione integrale dell’articolo:

Di Paola A., Rulli M.C., Santini M.
Human food vs. animal feed debate. A thorough analysis of environmental footprints
2017, Land Use Policy, Volume 67, pp 652-659, DOI: 10.1016/j.landusepol.2017.06.017

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