“I ghiacci di Soren” di Luciano Canova, uno dei tredici racconti vincitori del primo concorso letterario nazionale sui cambiamenti climatici, “I Cambiamenti Climatici. The grand challenge”.
Il concorso è stato organizzato da Shylock Centro Universitario Teatrale di Venezia e Comete, con la collaborazione di Università Ca’ Foscari di Venezia, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), International Center for Climate Governance (ICCG), ESU di Venezia e Biblioteca Nazionale Marciana (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) e il patrocinio di WWF Italia, Legambiente, ISDE Italia e Città di Venezia (Assessorato all’ambiente e città sostenibile).
Il racconto è pubblicato nell’antologia “Cambiamenti Climatici. Racconti”, a cura di Bianca Nardon (2012, Libreria Editrice Cafoscarina), prefazione di Carlo Carraro e Luca Mercalli.
I ghiacci di Soren
Luciano Canova
Alla piccola Fiamma e a Daniela,
che ci scaldano il cuore
1974
Un bambino, in riva al mare, ad Hammerfest.
Chiamarsi Soren, lì dove il mondo finisce, è un salto della malinconia e spinge gli occhi lontano finché il fiordo te lo permette.
Il cuore di Soren batteva forte mentre lui prendeva la mano di Smilla.
Era fredda e liscia.
– Mi sposi? – le chiese nella purezza di un attimo.
Il silenzio delle stelle allungava la notte già pigra di Norvegia. Il cielo irrequieto si rigirava tra le coperte dell’aurora boreale:
– Io ti sposo solo se si scioglie il Polo Nord.
E Smilla corse via.
L’eco della sua risata dilatava il ricordo della mano, ancora stretta in quella di Soren.
Il bimbo diresse i suoi passi verso casa: salutò i genitori, si rifugiò in bagno, prese il phon e uscì di nuovo, impugnandolo come una pistola.
Giunto al centro del paese, lo puntò all’acqua addormentata nella fontana e accese.
Soren aspettava qualcosa.
Passarono i minuti, passarono le ore, col vento caldo e il ghiaccio che si scioglieva e si ricreava.
Quando Soren rientrò in casa, la voce litanica del telegiornale annunciava dalla cucina:
– Clamore nella comunità scientifica: il professor Sherwood Rowland ha misurato inequivocabilmente l’assottigliarsi, in prossimità della calotta polare, dello strato di ozono che protegge l’atmosfera terrestre dalle radiazioni solari.
Le possibili conseguenze sul clima mondiale sono incerte, ma si tratta di un fenomeno senza precedenti che necessita della massima cautela –.
Soren spalancò gli occhi, come il sole dell’estate nordica, e sorrise.
– Smilla – sussurrava tra sé, col cuore colmo di speranza.
E dalla gioia accese la luce in tutta la casa.
1980
Cresceva, Soren, che ogni giorno andava in riva al mare e guardava il ghiaccio, lontano.
– Smilla – sussurrava tra sé, e cambiava le etichette dei bidoni della raccolta differenziata.
Il sindaco del piccolo villaggio di Hammerfest aveva dichiarato lo stato d’emergenza: qualcuno, profittando della notte, che per altro durava quei sei mesi, tramava alle spalle dei tranquilli cittadini.
C’era del marcio ma, trovandosi in Norvegia, Soren si sentiva sufficientemente lontano da ogni tragedia.
Usciva la notte e cancellava paziente le piste ciclabili.
– Smilla – sussurrava sotto la finestra di lei, strofinando lo straccio a tempo con il suo respiro.
La serenata silenziosa di un cuore innamorato.
Soren viveva in una casetta in cima al paese: tutte le mattine, di buon’ora, si alzava e usciva per andare a comperare il pane.
– Buongiorno, signora Henriksen – sfoderando il sorriso
della porta accanto.
– Ciao, Soren, buona giornata.
«Uh, che sbadato!», pensava il ragazzo, mentre rientrava in fretta a casa, dove aveva lasciato la luce spenta.
Smilla. Il clic dell’interruttore si accendeva sui suoi sogni.
Soren era amato da tutti, a Hammerfest: si era conquistato la fiducia delle vecchie signore con un lavoro assai originale.
Faceva il rappresentante di lacca e, ogni giorno, su e giù, camminava per il paese mostrando le proprietà magiche delle sue bombolette:
– Lo provi, signora, e vedrà che acconciatura perenne – e via, a disegnare in cielo un’onda di spruzzi, come una chiave di violino per incantare lo sguardo, nel suono delicato di un clorofluorocarburo e il lontano crepitare dell’iceberg che va alla deriva.
Smilla, il mantra contento del venditore.
Perché l’amore è questo, in fondo: un’ossessione dolce, il nome continuo attorno a cui far ruotare un pianeta.
Per sempre.
Soren si fermò davanti a casa, prese il coltellino dalla tasca e scrisse il nome di lei sulla corteccia.
Smilla …
Lei sbucò da dietro l’angolo e lo guardò con occhi di tenerezza.
– Sei un buffone – disse. E rise via. Poi si voltò a regalargli una speranza: – Ma sei un buffone simpatico.
E Soren trasalì, mentre abbatteva felice l’abete a calci.
1990
Gli scaffali erano stracolmi di numeri di Science e Nature.
Soren, alla finestra, osservava il ghiaccio e leggeva. Lo strato di ozono andava assottigliandosi convinto: i deserti avanzavano a sud e l’anidride carbonica sembrava infestare l’aria del mondo.
Respirò a pieni polmoni, mentre faceva ordine sul tavolo dell’ufficio e accendeva la stufetta a carbone.
Smilla, ripeteva in cuor suo, preparandosi al concerto della sera.
Il mercato della lacca aveva subito un brusco ridimensionamento: la comunità internazionale pareva ingaggiare una lotta senza quartiere contro i clorofluorocarburi, e Soren decise di cambiare mestiere.
A Hammerfest, intanto, un misterioso lestofante teneva in scacco la giunta dell’inerme sindaco.
Soren prese il telecomando e digitò 2: all’unisono si accesero come stelle le luci in tutto il villaggio.
3: fremito di lavastoviglie che si accordavano prima del concerto.
4: i termostati s’intonarono sui trenta gradi Tropico del Cancro.
5: c’era il Settimo sigillo, in TV, perché va bene tramare contro il mondo, ma ci vuole sempre amore per la cultura.
Soren aveva aperto una concessionaria di Mercedes, amato e ben voluto da tutti i paesani. Al tramonto, in riva al mare, se ne stava ad ammirare le sue automobili, puntate come fucili luccicanti sul mare di Barents.
6: rombo di motore e i tubi di scappamento scatenarono verso il ghiaccio il loro canto.
Orfeo impazzito dirigeva una legione di metallici argonauti.
Poi ecco lei, passeggiare bellissima: per un attimo lo sguardo che incrociò quello di Soren, giurandogli speranza.
Impercettibile come un passo sulla neve, coperto subito dai nuovi fiocchi.
– Smilla – ripetè lui facendosi coraggio e pigiando sull’acceleratore.
E digitò 7.
2000
Andava tutto a gonfie vele, considerando, tra l’altro, anche l’innalzamento dei mari. Il rapporto IPCC fugava, se ce ne fosse stato bisogno, gli ultimi dubbi: il cambiamento climatico trovava un suo fondamento nelle attività antropiche.
Soren guardava il ghiaccio e lo trovava a stecchetto: Smilla, diceva tra sé, concludendo l’acquisto di una petroliera a Tromsoe. Si perdeva a ricordare gli occhi di lei, neri come il brent.
Era diventato un trader di successo e, a tempo perso, faceva l’attivista di Greenpeace: sabotaggi di piattaforme, disboscamento preventivo, campagne di disinformazione.
Ormai stava a tanto così dal suo sogno: finalmente, l’evento su scala mondiale.
“Accendi la speranza” era un concerto Live Aid, trasmesso in diretta planetaria, cui partecipavano grandi rock-star e grandissimi impianti d’illuminazione.
L’idea era semplice: accendere la luce, nello stesso istante, in ogni angolo del pianeta, solo perché il satellite Gea scattasse una foto dallo spazio all’umanità felice.
Soren guardava nervoso l’orologio e il cielo, mentre il ghiaccio si velava di riverbero, lontano.
D’un tratto, ecco il momento: Smilla, diceva in cuor suo, rimbalzando tra un milione di luci.
L’orologio faceva le quattrocentocinquanta particelle per milione e centoquaranta dollari al barile.
Driin driin, suonava il telefono stanco. All’altro capo della cornetta, una voce di resa innamorata disse:
– Il Polo Nord è sparito! Sai che a Honningsvag c’è una chiesetta carina? Però gli invitati li scelgo io.
E Soren finalmente si sciolse, con la stessa sorpresa di un ghiacciaio.
2011
Una bambina, in riva al mare, a Hammerfest.
Soren e Smilla guardavano la piccola Ofelia mentre si tenevano per mano, davanti al ricordo di un ghiaccio infantile.
La bimba salutò papà e mamma e corse veloce verso un biondino, che guardava pensieroso il mare.
Lui le prese la mano, che era fredda e liscia, e disse:
– Mi sposi? – con la purezza di un attimo.
Il silenzio delle stelle allungava la notte già pigra di Norvegia. Il cielo irrequieto si rigirava tra le coperte dell’aurora boreale:
– Ti sposo solo se si ghiaccia il Polo Nord.
Negli occhi di lui, l’audacia che riempie come la neve.