In fuga dal clima che cambia

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I “rifugiati del clima” rischiano di diventare la nuova emergenza umanitaria dei prossimi anni e uno degli effetti più visibili del riscaldamento globale. È quanto si afferma nel report Foresight: Migration and Global Environmental Change che, commissionato dal governo britannico, compie un’approfondita analisi sugli effetti di inondazioni, siccità e innalzamento del livello dei mari sulle migrazioni umane dei prossimi cinquant’anni.

“I cambiamenti ambientali – scrive il Prof. Sir John Beddington che guida il programma per il quale è stato realizzato il rapporto – interesseranno soprattutto gli abitanti dei paesi più poveri del mondo, costretti a milioni ad abbandonare le proprie terre d’origine, spesso per raggiungere regioni ancora più vulnerabili”.

Le soluzioni proposte per fronteggiare la situazione sono molteplici, ma in primo luogo si suggerisce un cambiamento di paradigma: imparare a considerare la migrazione come un fattore positivo, un’opportunità per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico. I governi dovranno imparare a prevedere i movimenti migratori anziché contrastarli  e trovare così il modo di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni interessate da questi fenomeni, ha dichiarato al Guardian Neil Adger, docente di economia ambientale all’Università dell’East Anglia e tra gli autori dello studio. Questo vuol dire ad esempio, continua Adger alla testata britannica, dotare le città dei paesi in via di sviluppo di adeguate infrastrutture come acqua potabile, servizi igienici e risorse energetiche.

Quello che è certo, concludono gli scienziati, è che nel prossimo futuro il costo di mancate politiche  che sappiano prevedere e  prevenire l’impatto dei cambiamenti climatici sulle migrazioni sarà maggiore, e ben più drammatico, di quello che andrebbe sostenuto oggi per affrontare il problema.

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