L’Europa sceglie la linea dura nei negoziati alla conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite: perché venga raggiunto un accordo sul clima a livello globale, anche la Cina e gli altri paesi in via di sviluppo devono sottostare a condizioni severe.
Un’improbabile alleanza fra i soliti “ritardatari”, i paesi industrializzati come Stati Uniti, Canada, Russia e Giappone, e le due più grandi economie emergenti, Cina e India, rischia di far saltare l’obiettivo dei 2°C.
Africa sotto assedio: dal Cairo a Cape Town, il continente africano comincia a risentire dei cambiamenti climatici, con eventi meteorologici estremi che vanno ben al di là della naturale variabilità del clima africano. Molte regioni, fra le più povere del pianeta, sono già a rischio per l’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai, siccità e inondazioni, e necessitano di un’azione incisiva per la riduzione delle emissioni. La mappa del cambiamento climatico in Africa.
La foresta amazzonica del Perù rischia di diventare il nuovo centro globale della “pirateria del carbonio”. Un report presentato alla COP17 lancia l’allarme: banche, ong e imprese stanno obbligando comunità indigene analfabete a firmare accordi che vanno contro i loro interessi.
Due gradi Celsius è diventato sinonimo di “dangerous climate change”. La conferenza di Durban dovrebbe far approvare questo traguardo o forse provuoverne di più ambiziosi: per i residenti delle isole a rischio per l’innalzamento del livello dei mari, 2°C è già non abbastanza.
L’India sta collaborando con BASIC, il gruppo a cui appartengono molte economie emergenti come Brasile, India, Sud Africa e Cina, per portare avanti tre importanti obiettivi: equità, proprietà intellettuale per le tecnologie verdi, barriere doganali unilaterali.
Una vasta coalizione di leader civili, sindacali, funzionari, ambientalisti e attivisti per i diritti sociali ha lanciato la sua campagna per ricordare ai politici americani il loro obbligo morale ad affrontare il climate change.
I 13 anni più caldi si sono verificati tutti negli ultimi 15 anni, e le temperature del 2011 si piazzano al decimo posto della classifica. Lo ha dichiarato la World Meteorological Organization in un suo intervento a Durban, nel corso della COP17. La valutazione viene dal rapporto annuale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UN Framework Convention on Climate Change).
Il protocollo di Kyoto vive momenti di difficoltà e la conferenza di Durban è snobbata dai media. Quale futuro si prospetta? E che cosa accadrà se non si farà niente prima della scadenza del suo mandato?
Richard Ottinger, il fondatore di Pace Energy and Climate Center, fa parte della delegazione dell’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, (the International Union for the Conservation of Nature IUCN). Qui potete leggere il suo primo discorso alla COP17 di Durban.
Immagine presa dall’album Flickr di UNclimatechange