USA, partiti divisi sui cambiamenti climatici

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Se in generale il 63% degli americani crede che ci siano prove attendibili sull’esistenza dei cambiamenti climatici, profonde divisioni sull’argomento esistono su base ideologica.
Il sondaggio del Pew Research Center for the People & the Press mostra come il 77% dei Democratici ritenga che il riscaldamento globale sia un fenomeno reale, mentre solo il 43% dei Repubblicani ne sia convinto. Tra i Repubblicani conservatori, inoltre, solo il 31% crede al riscaldamento globale, con i tre-quarti (73%) che non lo considerano un serio problema, o che non si preoccupano affatto. I Repubblicani moderati o liberali prendono più seriamente la questione (il 63% è convinto della serietà degli impatti dovuti ai cambiamenti climatici), ma rappresentano un’esigua minoranza all’interno del partito repubblicano.
Un profondo divario esiste anche quando guardiamo alle cause dei cambiamenti climatici: il 51% dei Democratici afferma che il riscaldamento globale è dovuto principalmente alle attività umane, mentre solo il 19 % dei Repubblicani è dello stesso avviso.
Queste diverse convinzioni ideologiche sono forse la ragione per cui i cambiamenti climatici di natura antropica e le sfide poste dai loro effetti sono quasi assenti nei discorsi dei candidati alle primarie repubblicane del 2012.
Nel corso delle loro campagne, i principali candidati repubblicani hanno cambiato più volte opinione su questioni riguardanti l’ambiente e lo sviluppo dell’economia nazionale. E soprattutto hanno iniziato a rifiutare l’idea di un riscaldamento globale dovuto all’uomo.
In ottobre, al Consol Energy Center di Pittsburgh (Pennsylvania), il candidato alle presidenziali repubblicane Mitt Romney, famoso per i suoi frequenti dietrofront, ha letteralmente ribaltato le sue precedenti affermazioni sui cambiamenti climatici, arrivando a rinnegare l’esistenza di un riscaldamento globale di natura antropica. “Non sappiamo ancora esattamente quali siano le cause dei cambiamenti climatici”, ha dichiarato, “quindi gli Stati Uniti non dovrebbero spendere miliardi di dollari per tentare di ridurre le emissioni di CO2”.
Romney ha concluso il suo discorso accusando l’EPA di voler imporre il suo controllo su tutte le fonti di energia per far lievitare i prezzi a dismisura. Soltanto qualche mese prima, in giugno, la sua opinione era molto diversa; in New Hampshire aveva dichiarato di credere in un riscaldamento globale dovuto all’uomo, e che contrastare l’inquinamento dovuto alle emissioni di gas serra fosse un importante obiettivo da realizzare. “Sono convinto che la temperatura globale stia aumentando, e che l’uomo sia il principale responsabile di ciò,” aveva affermato in quell’occasione.
Quando era ancora governatore del Massachussetts, pensava di disciplinare le emissioni di CO2 come un inquinante, e il suo consigliere era il dott. John Holdren, l’attuale consulente scientifico di Obama. Se diamo un’occhiata al suo programma, vediamo che al momento punta ad aumentare lo sfruttamento delle riserve americane di petrolio e gas naturale, e che vuole dare nuovo impulso al nucleare.
E gli altri principali candidati alle primarie presidenziali repubblicane non sono da meno.
Ron Paul, in un’intervista al New York Times del 2008, aveva dichiarato che la comunità scientifica stava chiaramente mostrando come le attività umane fossero responsabili delle attuali fluttuazioni di temperatura (la questione da sciogliere era in che entità); e aveva anche affermato che era sua intenzione interrompere i sussidi alle compagnie petrolifere…ma nel 2009, dopo il primo Climategate, aveva visto il panico suscitato in maniera strumentale attorno al riscaldamento globale come nient’altro che un imbroglio ben congegnato. Parlando di “global warming terrorism”, aveva concluso che un trattato come quello di Copenhagen non sarebbe stato un bene né per l’economia, né per l’ambiente.
Il candidato repubblicano Newt Gingrich sembra avere un atteggiamento più positivo: anche se non affronta direttamente il problema dei cambiamenti climatici, vorrebbe promuovere lo sviluppo di tutte le fonti energetiche, e finanziare la ricerca per nuove forme di energia pulita.
Qualcosa è cambiato: pensando a un “pre- a un post-Copenhagen”, rispetto al biennio 2006-2008 sono molto pochi quegli americani che oggi credono fermamente a un riscaldamento globale in atto. E in quegli anni, molte più persone erano convinte si trattasse di un problema serio.
In conclusione, resta l’impressione che gli impatti dei cambiamenti climatici e le misure per ridurre le emissioni di CO2 non siano più una priorità dell’agenda repubblicana.

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