Verso Copenaghen: se ci fosse un accordo mondiale sulla riduzione dei gas serra

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Nel Dicembre 2009 a Copenhagen si riuniranno più di 190 paesi in cerca di un accordo mondiale per il successore del protocollo di Kyoto che decade nel 2012. I paesi che maggiormente emettono CO2 stanno attualmente preparando i testi che formeranno la base del negoziato di fine anno.

La probabile partecipazione degli Stati Uniti agli accordi post-Kyoto per la riduzione dei gas serra rappresenta un decisivo passo in avanti per le politiche sul clima. Molti altri paesi industrializzati – come gli stati membri dell’Unione Europea – si sono già impegnati a ridurre drasticamente le loro emissioni nei prossimi decenni, ma è noto che questo non sarà sufficiente se i paesi emergenti –  come la Cina e l’India – non si impegnano a loro volta in tal senso.

Emissioni di CO2 al 2100

Una recentissima ricerca realizzata dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) in collaborazione con l’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) si spinge ancora più in là: dimostra che non si riuscirà a contenere l’aumento di temperatura globale entro i 2°C se non si raggiungerà un accordo per la riduzione dei gas serra che coinvolga tutto il pianeta [1].

Danni da Cambiamento Climatico al 2100

Prendendo in considerazione sia i danni attesi dai cambiamenti climatici, sia il costo della riduzione dei gas serra per i paesi del pianeta, i ricercatori stimano gli incentivi per i diversi paesi a partecipare o meno agli accordi internazionali sul clima. I ricercatori costruiscono quindi diverse possibili coalizioni di paesi e dimostrano come, anche se i partecipanti ad un accordo riuscissero a ridurre le proprie emissioni di gas serra fino a zero, i loro sforzi verrebbero vanificati a causa dei paesi che approfittano del fatto di non avere nessun vincolo.

Infatti, oltre al coinvolgimento di Cina e India che, come già menzionato, è fondamentale, anche la mancata partecipazione di scarsi emettitori come i paesi delll’Africa, dell’America Latina o del Medio Oriente, precluderà comunque ogni possibilità di successo delle politiche sul clima. Questo perché i paesi che rimarranno fuori da tali accordi si troveranno allora ad ospitare le industrie – e le emissioni “in eccesso”- dei paesi firmatari. Nello specifico, la ricerca mostra che l’aumento di temperatura globale potrebbe essere contenuto entro la soglia dei 2°C nel 2050 anche se alcuni gruppi di paesi decidessero di non partecipare, ma che un tale aumento di temperatura non potrà in nessun caso essere scongiurato al 2100, se tutti i paesi del globo non dovessero aderire ad un protocollo internazionale sul clima.

Il lavoro realizzato dalla FEEM e dall’OECD è solo una delle numerose ricerche presentate al Convegno veneziano del 15-16 Giugno 2009 “Coalitions for Climate Cooperation. Gli altri prestigiosi relatori internazionali hanno anche discusso altre possibili forme di cooperazione, tutte volte a garantire che i negoziati possano raggiungere gli ambiziosi obiettivi prefissati.

 

[1] La ricerca analizza in effetti l’obiettivo di contenere la quota di CO2 equivalente nell’atmosfera entro le 550 parti per milioni. Questa quota rappresenta un raddoppio delle concentrazione di CO2 rispetto ai livelli pre-industriali, e corrisponde ad un aumento compreso tra i 2 e i 3° C rispetto allo stesso periodo (a seconda degli autori). Un tale aumento di temperatura viene comunque considerato dagli scienziati come il massimo tollerabile dal pianeta per non incorrere in impatti catastrofici per l’umanità.

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