Verso un uso sostenibile del fosforo

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Essenziale per il corretto funzionamento degli ecosistemi e lo svolgimento delle attività umane, il fosforo negli ultimi decenni sta vivendo un trend in calo per effetto della pressione esercitata dalla crescente urbanizzazione, i cambiamenti degli stili alimentari e un uso sempre più massiccio di fertilizzanti in agricoltura. Uno studio pubblicato di recente su Nature food, con il contributo della Fondazione CMCC, fornisce alcuni spunti su come affrontare questo tema chiave salvaguardando la sicurezza alimentare.

Il fosforo (P) è un elemento essenziale per la vita, insostituibile in agricoltura e centrale per assicurare la sicurezza alimentare. Circa il 90% della domanda globale dei fosfati di roccia è destinata alla produzione alimentare. L’accesso al P è attualmente messo sotto pressione dalla crescita della popolazione, dalle ancora limitate percentuali di riciclo e riuso del P, dalla sua disponibilità limitata in natura. Oltre a ciò, la resilienza del ciclo del fosforo (ovvero, di quell’attributo del sistema che garantisce l’accesso continuo al P all’interno della rete, elemento fondamentale per una gestione sostenibile del P) è particolarmente vulnerabile agli shock e agli sconvolgimenti socio-ambientali. Per combattere ed eradicare la fame, raggiungendo la sicurezza alimentare, è quindi essenziale comprendere meglio il ciclo del fosforo, la sua rete metabolica e i suoi flussi.

Uno studio pubblicato di recente sulla rivista Nature food ha esaminato l’evoluzione del ciclo del fosforo in Cina nel corso degli ultimi quattro secoli (1600-2012), analizzando l’andamento della sua resilienza nel tempo ed evidenziando i principali fattori alla base dei trend osservati. “I nostri risultati rivelano che soprattutto negli ultimi decenni la resilienza del ciclo del fosforo in Cina si sia ridotta notevolmente”: così commenta Ali Kharrazi, ricercatore CMCC presso la divisione ECIP – Economic analysis of Climate Impacts and Policy. Kharrazi è Marie Curie Research Fellow presso l’Università Ca’ Foscari e la Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici di Venezia; i suoi studi si concentrano in particolare sulla resilienza ai cambiamenti climatici delle reti del settore alimentare.
“I fattori chiave alla base di questa tendenza comprendono la crescente domanda di cibo e il cambiamento delle abitudini alimentari, con il passaggio da una dieta modesta, essenzialmente vegetariana, a una più complessa, caratterizzata da un maggior consumo di proteine animali e quindi con un più alto contenuto di fosforo. E questo perché dal 2000 in Cina abbiamo assistito a un’accelerazione nel processo di urbanizzazione, che ha portato a un nuovo benessere e all’adozione di stili di vita più elevati. Se questa tendenza dovesse persistere anche in futuro, la sicurezza alimentare della Cina diventerebbe sempre più vulnerabile alla disponibilità di fosforo in seguito a shock socio-ambientali e alterazioni del suo ciclo.
E questo trend osservato in Cina rispecchia senza dubbio un più generale trend globale”, sottolinea il ricercatore CMCC Kharrazi.
II ciclo del fosforo, la sua resilienza e la sua gestione sono influenzati in particolare dal rapporto domanda alimentare umana / uso di fertilizzanti al fosforo: per soddisfare la domanda, il settore zootecnico e l’acquacoltura hanno aumentato la loro produzione, determinando un aumento della domanda di prodotti agricoli come cereali e legumi, e dell’uso di fertilizzanti fosfatici in agricoltura.

Come possiamo dunque soddisfare la domanda crescente di cibo e garantire allo stesso tempo uno sviluppo sostenibile? Gli autori provano a dare alcuni suggerimenti per ridurre le perdite e aumentare la resilienza del ciclo del fosforo.
Il primo consiglio è quello di ridurre gli scarti e lo spreco alimentare. Il secondo, aumentare l’efficienza della filiera alimentare ‘dal campo alla tavola’ (e quindi la produttività del P). Possibili misure in questo senso potrebbero includere la definizione di linee guida e limiti per l’uso dei fertilizzanti a base di fosforo, promuovere l’uso di tecnologie all’avanguardia per ridurre gli scarti di cibo durante le diverse fasi di lavorazione, ridurre lo spreco alimentare a tavola attraverso campagne di educazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Un terzo suggerimento è quello di ridurre l’impiego dei fertilizzanti, per esempio sviluppando tecnologie per promuovere un loro uso più efficiente. Gli approcci più promettenti per raggiungere tale obiettivo spaziano al momento dall’agricoltura di precisione (soluzioni hi-tech come le colture idroponiche) all’agricoltura organica. Altre soluzioni prevedono invece l’aggiunta di microrganismi per aumentare la disponibilità di P del suolo. Un ostacola alla diffusione su vasta scala di questi approcci tecnologici potrebbe però essere rappresentato dal fatto che i Paesi in via di sviluppo più poveri potrebbero non essere in grado di adottare queste opzioni, non disponendo ancora di risorse sufficienti e del know-how necessario.
Un’alternativa per ridurre l’uso dei fertilizzanti è quella di aumentare i livelli di riciclo del fosforo: esistono già tanti modi per farlo, dal compostaggio dei rifiuti alimentari, dal recupero del P dai fanghi di depurazione, dalle scorie dell’acciaio e dalle acque reflue, fino all’interramento dei residui dei raccolti nel terreno mediante l’aratura.

“La distribuzione geografica del P e la sua disponibilità sono piuttosto limitate”, spiega Kharrazi, “lo si ritrova infatti concentrato in pochi paesi, come Marocco, Australia e Cina, altri, come i paesi europei, non ne hanno grosse riserve e sono costretti a importarlo. A questo si aggiunge un altro problema, il fatto che non sia adeguatamente riciclato: usiamo una crescente quantità di fertilizzanti a base di fosforo, ma tutti i dati ci indicano come il ciclo del fosforo sia un ‘one-way journey’, per cui il P si deposita direttamente al suolo o si riversa nei corpi idrici e nei rifiuti solidi, provocando seri problemi ambientali, come fioriture algali e fenomeni di eutrofizzazione. Per questo motivo non dovremmo fare affidamento solo sui depositi naturali di P presenti nelle rocce, ma aumentare la resilienza del ciclo del fosforo promuovendo l’efficienza dell’uso e della produzione, il riciclo e la riduzione al minimo dei rifiuti. Nel nostro studio abbiamo cercato di dare delle indicazioni per raggiungere questi obiettivi ed affrontare questo problema noto da tempo agli esperti.”

Leggi la versione integrale dell’articolo:
Liang, S., Yu, Y., Kharrazi, A. et al. Network resilience of phosphorus cycling in China has shifted by natural flows, fertilizer use and dietary transitions between 1600 and 2012Nat Food 1365–375 (2020). https://doi.org/10.1038/s43016-020-0098-6

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