La presentazione della ricerca Imprese italiane, cambiamento del clima e impatto della 20-20-20, curata da Fondazione ISTUD e CMCC, ha aperto la seconda edizione del workshop “Green Italia Day”, organizzato a Milano lo scorso 20 Aprile dalla scuola di business e dalla Rappresentanza a Milano della Commissione Europea.
E’ stata l’introduzione ideale per una giornata dedicata alla rivoluzione verde, che ha visto l’intervento di imprese, utilities, banche, associazioni ambientaliste come Legambiente e punti di riferimento nella sensibilizzazione ambientale di massa come Cristina Gabetti (Striscia la Notizia), attori accomunati dall’idea che la green economy sia prima di tutto un’occasione da cogliere.
La ricerca si propone di indagare le azioni che le imprese italiane stanno attuando per adeguarsi alle prossime richieste legislative correlate all’attuazione a livello nazionale delle direttive imposte dalla legislazione europea 20–20–20. L’analisi di otto aziende italiane, casi studio della ricerca scelti secondo una logica multisettoriale, conferma la percezione che la sostenibilità, driver di innovazione e sviluppo, sia un’opportunità di crescita e di stimolo alla competitività.
Per i 140 manager coinvolti nella ricerca, le politiche low carbon non sono solo un salvagente dai rischi reputazionali che può correre un’azienda insensibile al tema. E’ percepita anche la necessità di muovesi in anticipo rispetto alle normative per affrontare i rischi regolatori, così come la spinta ad anticipare i concorrenti per affrontare il rischio competitivo.
“Non basta solo cercare di ridurre i propri impatti ambientali, ma parallelamente bisogna sostenere l’innovazione nel campo della sostenibilità” afferma Caterina Carroli, docente e ricercatrice sui temi della responsabilità sociale e della sostenibilità, nell’intervista rilasciata a Dialogo TV:
I dati della ricerca rivelano l’adesione delle aziende italiane a iniziative e standard proposti a livello internazionale, la priorità di diffusione di Sistemi di Gestione Ambientale e di investimenti in ricerca, sviluppo e formazione, ma esistono carenze nella diffusione del risk assessment e nell’istituzionalizzazione, all’interno delle policy aziendali, di investimenti in energie pulite.
I first mover e le best practice aziendali improntati alla sostenibilità hanno avviato un circolo virtuoso in cui le barriere competitive si innalzano e rischiano di escludere chi, anche sul piano culturale e strategico, non si dota di strumenti, ora ancora innovativi, che nel tempo diventeranno un must.
Maggiori informazioni:
Progetto “Imprese italiane, cambiamento del clima e impatto della 20-20-20”